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 2020  maggio 13 Mercoledì calendario

Musk, genio e anarchia, testimonial degli «aperturisti»

Ribellandosi alle disposizioni della contea di Alameda che non ha ancora autorizzato la riapertura della sua fabbrica di auto elettriche, la Tesla, Elon Musk, il genio anarchico e, fino a ieri, solitario dell’industria americana, diventa il portabandiera della rivolta dell’America libertaria e temeraria contro ogni vincolo amministrativo anche in campo sanitario. 
Un’occasione insperata per Trump: prima è stato il suo ministro del Tesoro, Steve Mnuchin, ad appoggiare la scelta dell’imprenditore di riprendere la produzione. Poi è sceso in campo lo stesso presidente che ha twittato un perentorio «riaprire la Tesla SUBITO!», a caratteri cubitali. 
Fino a due mesi fa Musk era l’imprenditore visionario, coraggioso fino a sconfinare nel temerario e duro con i suoi dipendenti, ma, in fondo, anche con sé stesso, capace di rivoluzionare da solo interi settori industriali: dalle batterie dall’auto elettrica entrata seriamente nei programmi dei grandi gruppi mondiali solo dopo il successo della Tesla, fino allo spazio: quelli della sua SpaceX sono i missili e le astronavi migliori, nonostante i gruppi concorrenti, a partire dalla Boeing, abbiano strutture produttive molto più vaste e ricevano dalla Nasa contratti assai più generosi. 
Gli straordinari risultati ottenuti partendo da zero hanno fatto passare in secondo piano tanti aspetti criticabili del personaggio Musk: dalle intemperanze verbali – capace anche di accusare gratuitamente di pedofilia chi intralcia i suoi programmi – ad affermazioni azzardate sulle finanze della sua azienda, con conseguente turbativa della Borsa, fino ai turni di lavoro massacranti imposti a tutti i cervelli delle sue aziende e, in parte, anche agli operai. Che sono privi di rappresentanza sindacale, a differenza dei loro colleghi dei gruppi di Detroit. Poi è arrivato il coronavirus e Musk si è esibito in una serie di entrate a gamba tesa in campo medico: tentativi di minimizzare la pericolosità di Covid-19 prima ancora di entrare nella fase del lockdown. Covid-19? Una normale influenza, stupido preoccuparsi. I contagi in America? Azzerati entro fine aprile. Quando è arrivato il lockdown ha fatto continuare a lavorare gli operai fino allo stop federale di tutte le produzioni non essenziali. E ha definito «fascista» la richiesta rivolta dalle autorità ai cittadini di restare chiusi in casa nel periodo peggiore della pandemia (peraltro senza i divieti legalmente vincolanti sperimentati in Italia: negli Usa uscire, correre, passeggiare al parco non è mai stato vietato). 
Affermazioni avventate, spesso smentite dai fatti, ma in sintonia con gli umori della parte d’America impaziente di riaprire i battenti ignorando le indicazioni degli epidemiologi. Così, davanti alla richiesta di un piano di protezione degli operai come condizione per la riapertura della fabbrica, Musk prima ha minacciato di trasferire la Tesla in Texas, poi ha deciso di riprendere comunque la produzione, sfidando le autorità: «Venite ad arrestarmi». 
L’industriale è diventato, così, il simbolo di un’altra culture war dell’America polarizzata nella quale anche l’equilibrio tra tutela della salute ed esigenze dell’economia diventa oggetto di scontro ideologico. Mentre spuntano imprenditori ribelli anche in Texas, Trump trova in Musk un testimonial più presentabile degli scalmanati in tuta mimetica che per giorni hanno assediato, armi in pugno, parlamenti e governatorati di molti Stati.