la Repubblica, 13 maggio 2020
L’estate creativa delle orchestre
Di melodramma, da qui a qualche settimana, neanche a parlarne. Più probabili i concerti di orchestre, seppure a organico ridotto. Comunque gli orientamenti sulla ripresa dello spettacolo dal vivo messi nero su bianco qualche giorno fa dal Comitato tecnico scientifico della Protezione civile lasciano pochi margini di manovra alla musica classica. Quasi tutti concordi, sovrintendenti e direttori artistici italiani: la ripartenza, ipotizzata per giugno, sarà resa difficile dal divieto di accogliere al chiuso non oltre duecento persone (lavoratori compresi) e non più di mille all’aperto, dall’uso delle mascherine, ingestibili per cantanti e strumentisti a fiato, dal distanziamento di uno-due metri imposto a musicisti e spettatori. «Pensare di poter assistere alla lirica come l’abbiamo sempre vista è fuori discussione. Altrimenti perché l’Opéra di Parigi avrebbe chiuso fino a gennaio?», dice Francesco Giambrone, sovrintendente del Massimo di Palermo e presidente dell’Anfols, l’associazione delle fondazioni liriche. «Ognuno di noi sta lavorando su diverse possibili stagioni da mettere in campo a seconda dell’evolversi della situazione». Magari collocando gli archi in sala, i fiati nel foyer e schermi ad aiutare la sincronizzazione dell’insieme. Intanto, al Comunale di Bologna, Fulvio Macciardi congettura un briciolo d’estate: «Piccoli concerti all’aperto come lenimento per l’anima di chi non potrà andare in vacanza». Poi un paio di mesi di musica da camera al chiuso; e al riavvio dell’opera, «se su 850 posti mi si consentisse di occuparne un terzo, già sarei contento». Punto dolente questo contingentamento del pubblico, anche per ragioni di sostenibilità economica, dichiara Michele Dall’Ongaro, presidente dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia. «Illogico trattare il nostro auditorium di vasta cubatura come un qualunque teatrino», spiega. «A settembre avremo il recital di Maurizio Pollini: sensato farvi assistere solo duecento persone? Rischiamo di andare in deficit, il 25% del nostro bilancio deriva dal botteghino». Né una prospettiva differente emerge dall’Orchestra Haydn di Bolzano, complesso numericamente più maneggevole, per giunta in una provincia che accelera verso la riapertura totale. «Finché non potremo riprendere a dovere, non resta che predisporre un ponte di barche verso il futuro, ingannando l’attesa con eventi inusuali per noi», spiega il direttore artistico Daniele Spini. Quindi, in estate, flash mob in cortili di condomini e giardini di alberghi. Il Ravenna Festival scalda i motori, primo ad aver predisposto un protocollo antivirus per le orchestre. Il 3 luglio il sovrintendente Antonio De Rosa è pronto ad aprire la rassegna nella Rocca Brancaleone, 250 spettatori a sera più streaming. In cartellone cameristica, jazz e orchestrali in mascherina con separé di plexiglas: 62 elementi, diretti anche da Riccardo Muti. Pure il Festival Puccini di Torre del Lago pensa alla propria estate. «Cantanti e coro con mascherine, supportati da un’amplificazione correttiva d’ultima generazione», rivela il direttore artistico Giorgio Battistelli. «Inviteremo registi sperimentali a trasformare in creatività incendiaria il distanziamento e la menomazione acustica imposta dal virus». A fronte di tanta visionaria speranza, nella prosa c’è chi invece vede nero. «Perché la gente può entrare numerosa in un supermercato e contingentata in un teatro?», lamenta Luca Barbareschi, alla guida dell’Eliseo. «Se permane l’idea scellerata del Comitato non ci rimarrà che chiudere, lasciando spazio a un centro commerciale».