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 2020  maggio 13 Mercoledì calendario

La battaglia sugli 007

Una nomina designata, una battaglia passata ed una futura. Il controllo dei servizi segreti è da sempre un tassello fondamentale dell’esercizio del potere. O almeno così viene costantemente considerato dalla politica e da chi transitoriamente ricopre i ruoli di governo.
Ieri il governo ha indicato – e oggi probabilmente lo formalizzerà – il nuovo capo dell’Aise. L’agenzia che guida gli 007 incaricati della cosiddetta “sicurezza esterna”. Si tratta di Gianni Caravelli, attuale vicedirettore della stessa Aise. Generale apprezzato da tutti e con una conoscenza specifica del mondo mediorientale e libico. Prende il posto di Luciano Carta, che dal 20 maggio diventerà il presidente di Leonardo, azienda pubblica impegnata anche nel settore militare.
Ma cosa si cela dietro questa nomina? Una battaglia in corso ormai da due anni e una che inizierà ad infiammarsi nei prossimi giorni. I cui contendenti sono diversi e tutti determinati. Il punto di partenza è il trasferimento di Carta – scelta senza precedenti – in una società che appartiene alle ex Partecipazioni Statali. Tutto nasce 17 mesi fa. Quando l’allora governo gialloverde presieduto sempre da Giuseppe Conte porta Gennaro Vecchione, generale della Finanza, al vertice del Dis ossia l’organismo che coordina sia l’Aise sia l’Aisi, la sicurezza interna. Alla prima agenzia, però, c’è appunto Carta. Anch’egli generale della Guardia di finanza, ma di grado più alto. I rapporti, dunque, si invertono e la coabitazione non procede nel migliore dei modi.
Il capo del Dis viene sistematicamente difeso dal presidente del consiglio che lo aveva scelto per quel ruolo. Anche quando, nell’autunno scorso, viene coinvolto nella polemica sul cosiddetto Russiagate e per i suoi incontri con il titolare della Giustizia Usa, William Barr.
Le tensioni ai piani alti delle nostre “spie” non si placano. Anche perché negli ultimi mesi a Palazzo Chigi arrivano due richieste da parte del Pd, il principale alleato del premier selezionato dall’M5S: arginare l’azione di Vecchione ma soprattutto cedere a qualcuno di “esperto” la delega dei servizi. Due istanze che la presidenza del consiglio non prende in considerazione. Risponde a chiare lettere che la delega rimarrà nelle sue mani e che per quanto riguarda il responsabile del Dis, è inutile accelerare su ipotesi di avvicendamenti punitivi visto che il mandato scade tra sei mesi: «A fine anno faremo il punto».
Nel frattempo, però, la “coabitazione” con l’Aise non è facile. E così si arriva alla decisione di far traslocare Carta verso Leonardo. Ma, appunto, la partita non è finita qui. Nei prossimi giorni se ne apre un’altra, anche più complessa. Il 10 giugno scade l’incarico del Direttore dell’Aisi (i Servizi di sicurezza interna), Mario Parente. E in più va nominato un nuovo vicedirettore all’Aise, al posto di Caravelli. Il primo nodo appare in via di scioglimento. Parente verrà confermato per altri quattro anni. Nel governo – ma anche al Quirinale – si è fatta strada l’idea che in questa fase complicata per il Paese, con l’emergenza coronavirus, con possibili attacchi speculativi sui nostri mercati finanziari e sulle nostre aziende di rilievo nazionale, la strada migliore sia quella di non cambiare troppo.
Sul numero due dell’Aise, invece, la battaglia è solo all’inizio. I vice di questa Agenzia sono tre. In carica sono rimasti Angelo Agovino, generale dei Carabinieri, e Giuseppe Caputo, della Guardia di Finanza. In questi giorni si è candidato per quel ruolo una vecchia conoscenza dei Servizi: si tratta di Marco Mancini, ora dirigente del Dis alle dipendenze di Vecchione. Ma in passato arrestato e indagato dalla Procura di Milano insieme al capo del Sismi Nicolò Pollari per il caso Abu Omar (vicenda chiusa dopo la sentenza della Corte costituzionale che applicava a quel sequestro il principio del segreto di Stato). Ossia il rapimento e la “extraordinary rendition” dell’imam di Milano di origine egiziana. Mancini venne anche coinvolto nell’affaire Telecom: dossier e intercettazioni illegali su magistrati, giornalisti e politici.
Il suo nome, però, sembra aver messo in allarme molti esponenti della maggioranza. Non ha il placet delle cariche istituzionali più importanti e in più – proprio per la vicenda Abu Omar – non ha il gradimento di buona parte dei servizi anglosassoni. In sostanza gli 007 americani hanno fatto pervenire qualche dubbio. Il suo nome, dunque, è stato accantonato. Ma la “corsa” per il numero due dell’Aise è appena iniziata e si concluderà nei prossimi giorni quando verrà ufficializzata anche la proroga per Parente all’Aisi.
Eppure che nell’universo dei servizi qualcosa si stia agitando, lo si capisce anche dalla gestione adottata per la liberazione della giovane Silvia Romano. Le notizie sul pagamento del riscatto e soprattutto del suo ipotetico transito attraverso il canale del Qatar, fanno capire che è in corso un braccio di ferro tra due classi dirigenti della nostra Intelligence. L’emirato della penisola arabica, infatti, in passato era stato utilizzato come ponte per questo tipo di operazioni. Ma quel sistema era stato abbandonato da tempo. Insomma la partita sulle seconde linee è ancora aperta. Una tregua si troverà nei prossimi giorni.
Ma la scacchiera sulla quale tutte le coalizioni governative si sono sempre scontrate per misurare i rapporti di forza dentro l’esecutivo, rimarrà la sede di un duello almeno fino al prossimo dicembre. Quando riemergerà il capitolo Vecchione. Nel frattempo il presidente del consiglio, nonostante il pressing degli alleati, non assegnerà la delega dei servizi a nessun altro.