La Stampa, 12 maggio 2020
La coppia d’oro dell’opera stremata dalla clausura
In questi tempi di teatri chiusi e festival dimezzati, sta peggio di chi all’opera ci va solo chi l’opera la fa. Abituati a piangere e far piangere in scena, i cantanti adesso lo fanno nella vita, povere ugole in clausura. Piange anche il telefono di Anna Netrebko e Yusif Eyvazov, coppia lirica di popolarità sconfinata adesso al confino nella loro casa di Vienna: «L’ultimo concerto l’abbiamo fatto l’8 marzo a Liegi. Il 9 siamo rientrati a casa senza immaginare che potesse essere così lunga», sospira lui.
Rapido ripasso. Lei, russa, classe ’71, dalla mitica Traviata di Salisburgo del 2005 è il soprano più celebre e celebrato del mondo: all’attivo quattro inaugurazioni della Scala, compresa l’ultima con Tosca. Lui, tenore, azero, stessa età, dopo una lunga gavetta si è affermato definitivamente appunto a un Sant’Ambroues milanese, quello del ’17, trionfando in un Andrea Chénier che lo ha affrancato dallo status di «marito della diva»: oltre lo stato civile, insomma, c’è di più. Però continuano a cantare spesso insieme e a esibire degli outfit coloratissimi: quelli di lui non meno clamorosi di quelli di lei. E insieme hanno fatto anche la quarantena. Racconta per entrambi lui: «All’inizio non eravamo nemmeno troppo dispiaciuti. Sempre in giro come siamo, ci eravamo detti: beh, almeno staremo un po’ a casa. Con il passare dei giorni, è subentrata una certa depressione. E dire che in Austria il lockdown è stato meno rigido che in Italia. A Milano ho vissuto 17 anni (studiava canto e intanto lavorava come cameriere, ndr), conosco molte persone che vivono lì, compreso mio fratello, e mi piange il cuore per loro. Avevamo perfino pensato di venire in Italia a fare volontariato, ma non ci avrebbero mai fatto viaggiare».
Cantare è un’attività molto fisica. «Come per gli sportivi: se stai fermo ti arrugginisci, il corpo perde la memoria delle posizioni giuste. Per fortuna il pianista di Anna ha fatto il tampone, è immune e può venire a farci studiare». E chissà i vicini, con quel po’ po’ di volume, l’uno e l’altra... «Per fortuna stiamo all’ultimo piano». Insomma, anche per questi divi la clausura risulta simile a quella di noi mortali: la corsetta, la tivù, molta noia. Chi l’ha vissuta meglio è stato Thiago, il figlio dodicenne di lei e del baritono uruguaiano Erwin Schrott: «La mattina ha la scuola on line, il pomeriggio la Playstation, alla fine è stato il più tranquillo dei tre».
Adesso è arrivato il momento di pensare al «dopo». In Italia, Arena. L’estate scorsa, il debutto a Verona di Netrebko fece sensazione: una Leonora del Trovatore da leggenda, mentre il Manrico marito veniva a salvarla dalla clausura in un tripudio di gotico internazionale griffato Zeffirelli (e sparando poi tre do nella «Pira», esagerato). Se l’Arena, come annunciato, aprirà in agosto almeno per qualche distanziatissimo concerto di canto, loro ci saranno: «E’ un posto a sé, un posto magico. Tu sei lì, davanti a quel mare di gente, e ti senti piccolo piccolo. Poi però ti accorgi che più cala la notte e più la tua voce risuona. Anna l’anno scorso non voleva venire perché soffre il caldo: se n’è innamorata. Se l’Arena ci sarà, ci saremo anche noi, di sicuro». In ogni caso, giura, di certo entrambi per la Turandot del ’21. E il pubblico italiano? «Beh, si sa: è esigente. Sei in Italia e canti l’opera italiana a chi la conosce meglio di chiunque. Ricordo lo Chénier a Milano come una delle produzioni più difficili della mia vita: una tensione e una pressione pazzesche. Anna che alla Scala è di casa non ha le mie paranoie: è molto più libera».
Resta, l’Italia, il Paese che tratta peggio i suoi artisti. «Ho letto dei 600 euro al mese per chi è rimasto senza lavoro. In Austria ne hanno dati 6 mila. E in Germania molti teatri pagano il 60 o il 70 per cento dei cachet degli spettacoli saltati per colpa del Coronavirus». I dì futuri sono più tenebrosi e oscuri che in Bohème. Le produzioni rimandate si aggiungono a quelle già agenda (piena per entrambi fino al 2024-’25) e alla fine non si sa ben cosa si farà. Lui annuncia un’ondata di Tosche, a Londra, Vienna, Monaco, Manon Lescaut a Palermo, Turandot alla Scala, poi ci saranno Bohème e Il tabarro al Met, Fanciulla del West con Pappano a Berlino, il debutto in Lucia. Debutti di lei: Nabucco (al Met), Gioconda, Messa da Requiem, mentre il Don Carlo di Dresda, saltato con fan in arrivo da mezzo mondo, sarà si spera recuperato. Come in tutte le coppie di cantanti, la discussione è continua e le opinioni talvolta divergono. «Anna ha annunciato che non canterà più Traviata, invece io vorrei che la facesse un’altra volta. E mi piacerebbe cantare con lei Cavalleria, sarebbe una grande Santuzza. Ma per ora dice di no». E poi? «E poi ce ne andiamo in pensione».