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 2020  maggio 12 Martedì calendario

Arabia Saudita, tutte le purghe in famiglia decise da Mbs

L’ultima serie di arresti eccellenti risale allo scorso marzo. Alle prime luci dell’alba di un venerdì,giorno festivo, il principe Ahmed bin Abdulaziz,78 anni,fratello minore del re Salman, e Mohammed bin Nayef,60 anni,nipote del re ed ex ministro dell’Interno, si sono visti le guardie reali irrompere nelle rispettive residenze. L’accusa è pesantissima: tentato colpo di Stato. Poco più tardi a finire ai domiciliari è stato anche Nawaf bin Nayef, fratello minore del nipote del re. 
Le autorità saudite si rinchiudono in un riserbato silenzio. Ma i media,occidentali e arabi,sembrano aver pochi dubbi. Dietro l’ultima ondata di arresti – la terza – ci sarebbe la regia del giovane ma ormai potentissimo principe ereditario, Mohammed bin Salman, al mondo conosciuto con l’acronimo di Mbs. Un nuovo colpo di mano, accusano i dissidenti, e non solo loro, per sbarazzarsi dei potenziali rivali al trono e trovarsi pronto quando l’anziano re Salman, 85 anni e in cattive condizioni di salute, non sarà più il monarca. 
Ahmed bin Abdulaziz era un rivale molto insidioso. È il solo in vita tra i fratelli di re Salman in una monarchia in cui il trono è sempre passato di fratello in fratello. Entrambi discendono dal fondatore del regno saudita, Abdulaziz al-Saud. In teoria sarebbe stato lui il successore di Salman. Che invece, nel 2015, aveva sorpreso il mondo designando successore il figlio. Agli occhi di Mbs, Ahmed rappresentava la testa di quel gruppo in seno alla famiglia reale contrario alle sue riforme ed alla sua deriva autoritaria. 
Distintosi nella lotta contro al-Qaeda, ex ministro dell’Interno ed ex principe ereditario, Mohammed bin Nayef era invece l’uomo su cui gli Usa avevano puntato per la modernizzazione del regno. Era principe ereditario. Prima di esser estromesso.
Ma chi è davvero Mbs? Un futuro monarca illuminato, desideroso di introdurre riforme sociali ed economiche in uno dei regni più conservatori del mondo, oppure un ambizioso uomo assetato di potere e intollerante al dissenso? Difficile catalogarlo. Forse tutti e due. Ambizioso lo è senz’altro. Già nel 2015, a soli 30 anni, era ministro della Difesa. E aveva subito organizzato la campagna militare nel vicino Yemen contro i ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran. Nonostante anni di martellanti bombardamenti, costati la vita a moltissimi civili, i risultati militari sono stati a dir poco deludenti. Lo Yemen, nel frattempo, è divenuto da due anni la peggior crisi umanitaria mondiale. 
Ma l’azione più eclatante di Mbs fu forse quella maxi retata contro la corruzione. Nella notte del 4 novembre 2017 in poche ore oltre 150 persone – principi, businessman (i 10 più ricchi del regno), ministri – furono arrestati e condotti in un hotel a cinque stelle, improvvisato a carcere di lusso, dove rimasero mesi. Senza accuse formali. Per ottenere la liberazione o tornare indisturbati al proprio business molti dovettero rinunciare a una fetta della sua fortuna. Tra di loro personaggi eccellenti (sembra 20 parenti di Mbs),e businessman con solidi legami con la finanza occidentale. Primo fra tutti il famoso tycoon Waleed bin Talal.
Per quanti soldi raccolse, l’operazione si rivelò un boomerang. Per l’immagine del regno e per quella di Mbs. Gli investitori internazionali tanto corteggiati dal giovane principe saudita, e dal canto loro interessati a ottenere una fetta delle sue enormi commesse, si spaventarono. Tanto che i due grandi vertici economici – le Davos del deserto – voluti da Mbs per attirare investitori stranieri e finanziare “Vision 2030” furono in buona parte disertati. 
Se Mbs portava avanti le riforme, al contempo veniva seriamente sospettato (senza tuttavia prove dirette) di essere coinvolto in azioni molto discusse. Tra cui il trattenimento forzato del premier libanese Saad Hariri, nel novembre 2017, al presunto hackeraggio del telefono del magnate americano Jeff Bezos. Fino al “caso Khashoggi”, il giornalista saudita assassinato nel consolato di Istanbul nell’ottobre 2018. 
Nel mentre Mbs mostrava anche il volto del riformatore, non solo in campo economico, ma anche sociale. Riforme ispirate a una maggiore apertura, anche se graduale. Di cose Mbs ne ha fatte. Ha quasi abolito la temibile polizia religiosa. Ha revocato il divieto di guida per le donne. Lo stesso per i cinema e per gli eventi sportivi. L’ultimo storico atto di modernizzazione risale al 24 aprile. Saranno infatti vietate le fustigazioni come punizione, sovente comminata agli adulteri e ai blasfemi. Sospesa la pena capitale per i colpevoli di reati commessi in età minore. Eppure la compassione non sembra essere la dote migliore di questo principe. Il 2019 sarà ricordato anche come l’anno delle 184 esecuzioni capitali: un record.