Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 11 Lunedì calendario

Intervista a Ferzan Ozpetek

Un thriller sentimentale, la storia interrotta di due sorelle tra Roma e Istanbul, un appartamento a Testaccio e una cena tra amici, un melò epistolare con un magnifico cattivo. Potrebbe essere il nuovo film di Ferzan Ozpetek, invece è il suo terzo libro, Come un respiro. Esce domani con Mondadori.
Un romanzo pieno di riferimenti personali.
«C’è la mia gioventù in Turchia, mia zia e le sue serate all’Hilton di Istanbul, allora pieno di fascino, simbolo della Turchia colta, aperta al mondo. Soprattutto c’è la rottura di mia nonna e sua sorella che ne Il bagno turco raccontavo attraverso le lettere della zia Anita, fuggita dall’Italia perché innamorata del cognato, mentre in Harem Suare c’è il personaggio dell’anziana che alla stazione regala a Valeria Golino un anello per fumare. Il mancato appuntamento al bagno turco accadde a me nell’82, scoprii l’hammam gestito da una signora greca, vi incontrai una persona speciale. Ci demmo appuntamento fuori, solo dopo scoprii che c’erano entrate diverse. Dieci anni dopo, in un bar, ci siamo riconosciuti: l’uno aveva atteso l’altro invano».
“Come un respiro” sembra un film. Poteva esserlo?
«Ci ho pensato. Ma ora ho in mente altri progetti. Da un litigio con Simone (il marito, ndr ) è scaturita l’idea di una storia da commedia all’italiana, drammatica ma con risate, sul coronavirus. Sul tema c’è anche un progetto tv che scrivo con Gianni Romoli. Ho sospeso la scrittura della serie di Fate ignoranti per un mese, in tempi di pandemia difficile immaginare le conversazioni di prima. Ma sono fiducioso che entro pochi mesi arriverà una cura».
Da qualche settimana è on demand “La dea fortuna”, per cui tre giorni fa sono stati premiati ai David Jasmine Trinca come attrice e Diodato per la canzone “Che vita meravigliosa”.
«Diodato è stato una folgorazione ben prima di Sanremo, di Jasmine sapevo che era una presenza-assenza fondamentale nel film. È stato un set molto bello, ci sentiamo sempre con gli attori, Edoardo Leo mi prende in giro, mi chiama il turco napoletano».
Ricordava “Il bagno turco”. È stato un film speciale.
«Ha cambiato la mia vita e ringrazio Marco Risi che mi ha sostenuto. Sul set c’erano i miei vestiti, le mie camicie, il cibo preparato da mia madre, gli oggetti di mia nonna. Quel debutto non lo volle nessun festival, Berlino lo respinse sprezzante, poi mi chiamò la Quinzaine di Cannes e fu un successo incredibile, ricordo file chilometriche sotto la pioggia».
La sua gavetta è stata lunga.
«Ho iniziato a sedici anni. Il primo incarico con Massimo Troisi era di portargli tutti i giorni dal bar un bicchiere di tè e un biscotto. Poi mi affidarono un attore anziano, io mi raccomandai che non mi facesse fare brutta figura, lavorammo tanto e al ciak non ricordò nulla. Invece di chiedere scusa a Troisi si girò verso di me, “Mi dispiace…”. Ricordo un set in cui giravamo una scena di giorno ma fuori era notte: ho capito in quel momento quale fosse il mondo a cui volevo appartenere, tra realtà e cinema».
Il suo romanzo attraversa la Turchia dai Settanta a oggi.
«È un anno e mezzo che manco dalla mia casa a Istanbul, ho nostalgia ma il Covid mi ha fatto attaccare ancor più all’Italia, le nuove radici sono più forti delle vecchie».
La sua iniziativa della Festa dei camici bianchi, sottoscritta dalla Siae, ha avuto moltissime adesioni.
«So che anche il presidente Mattarella ha apprezzato la proposta, domani io, Mogol e Blandini di Siae siamo stati invitati in Senato. È il mio modo di dire grazie a medici, infermieri, portantini. Per non dimenticare. Vorrei affrontare con lo stesso spirito la riapertura, ci sono tante persone da aiutare. L’altro giorno davanti a me c’era una signora che contava i soldi davanti al carrello mezzo vuoto. Che cosa puoi fare? La spesa sospesa è una bella iniziativa. Ora mantengo tre amici in difficoltà».
Come sta andando la sua fase 2?
«Recupero i danni della fase uno. Ho preso cinque chili. Tutto è iniziato quando al supermercato ho visto il gorgonzola, che non mangiavo da anni. Ho pensato, chissà che succederà, me lo mangio. Il mio produttore lo ha saputo e mi ha mandato otto tipi di gorgonzola con vino e pizza calda. Da lì non mi sono fermato più. Ho anche cucinato molto, in particolare dei biscotti vegani che hanno creato tensione quando Simone ha detto che erano cattivi e che per farli avevo sporcato la cucina. Poi il litigio è rientrato. Ora guardo con affetto il video della Streep con la bottiglia, ma voglio farmi possedere dallo spirito di Jane Fonda: ginnastica e dieta».