Corriere della Sera, 11 maggio 2020
Chi comanda all’Oms
Quando si chiuderà questa drammatica pandemia l’Oms dovrà rispondere del ritardo con cui è stata comunicata. Solo un’inchiesta internazionale indipendente potrà chiarire se l’Organizzazione istituita dall’Onu nel 1948 con funzione di vigilanza sanitaria mondiale, ha commesso errori. Oggi sta supervisionando altre 35 operazioni di emergenza (dal focolaio di morbillo in Congo, a quello di colera nello Yemen) e coordinando gli interventi contro tubercolosi, diabete, poliomielite e malattie tropicali. È finanziata dai 194 Paesi membri con contributi fissi in base al Pil, congelati dal 1987, e da contributi volontari. Questi ultimi sono la parte più consistente e provengono anche da una moltitudine di soggetti privati, parliamo di 4,6 miliardi su un budget complessivo di 5,6. Il primo contribuente sono Gli Stati Uniti che versano in totale 893 milioni di dollari. Al secondo posto troviamo Bill e Melinda Gates, al terzo il Regno Unito, al quarto Gavi Alliance (di Bill Gates), poi il Rotary Club, il National Philantropic Trust, la Cina è al 14° posto con 85,8 milioni. Di fatto l’Oms gestisce solo il 20% del suo budget, perché il resto sono progetti specifici decisi dai privati, non tutti trasparenti.
Chi decide
Chi comanda e decide è il Direttore generale, che da statuto «non deve domandare né ricevere istruzioni da nessun governo o autorità straniera». Nel 2017, per la prima volta nella storia dell’Oms, a sceglierlo sono i rappresentanti di tutti i 194 Paesi, e per la prima volta votano un africano: Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex ministro della Sanità e degli esteri dell’Etiopia. Accusato da quasi tutti i Paesi e organi di stampa di essere venuto meno al suo dovere primario: la tempestività nell’informare il mondo sulla pandemia in arrivo. Ecco com’è andata.
Gli elogi alla Cina
Il primo ricovero all’ospedale di Wuhan di un malato di Covid-19 è dell’8 dicembre, ma i funzionari cinesi riferiscono all’Oms di casi atipici di polmonite il 31 dicembre 2019. Solo il 30 gennaio, quando i contagi hanno infettato 18 Paesi, il Direttore generale dichiara l’«emergenza sanitaria internazionale». Nella stessa conferenza stampa elogia la Cina: «La velocità con cui ha rilevato l’epidemia, isolato il virus, sequenziato il genoma e condiviso con l’Oms e il mondo è impressionante. La Cina sta definendo un nuovo standard per la risposta alle epidemie. Non è un’esagerazione». In realtà la Cina ha ridimensionato la portata dell’allarme. Secondo il Lancet, al 20 febbraio sarebbero stati 232 mila i contagiati in Cina, contro i 55.508 segnalati, e solo il primo aprile Pechino riconosce il ruolo degli asintomatici. Ancora il 26 febbraio l’Oms è prudente: «Non dovremmo essere troppo impazienti a dichiarare pandemia, senza un’attenta analisi dei fatti». E sconsiglia restrizioni al traffico aereo verso la Cina. Solo l’11 marzo, quando il numero dei contagi si è allargato a 114 Paesi, e 4.291 persone hanno perso la vita, arriva l’annuncio: «Abbiamo valutato che Covid-19 può essere definito come pandemia». La prima indicazione chiara su cosa fare arriva il 16 marzo: «Testare ogni caso sospetto, se positivo isolarlo, tracciare i contatti nei due giorni precedenti ai sintomi e testare anche loro». Una strada già indicata con successo dalla Corea del Sud. Sull’utilizzo di mascherine da parte della popolazione, il 30 gennaio ne sconsiglia l’uso. Anche il 6 aprile, quando ormai le evidenze scientifiche mostrano l’efficacia delle mascherine chirurgiche, dichiara che dovrebbero essere riservate al personale sanitario. Ma quale interesse aveva Tedros a tentennare, in un momento in cui l’Oms ha bisogno disperato di fondi?
Chi è Tedros
È stato un eccellente ministro della Sanità in Etiopia, e le sue riforme hanno diminuito la mortalità infantile. Tuttavia sul suo mandato grava l’accusa, sempre respinta, di aver insabbiato 3 epidemie di colera, declassandole a diarrea. Dal 2012 al 2016, mentre è ministro degli Affari esteri gli investimenti della Cina in Etiopia accelerano. A fine mandato si candida alla guida dell’Oms, e l’attività di lobby cinese in suo sostegno dura due anni. Uno dei suoi primi atti da Direttore generale è quello di nominare ambasciatore di buona volontà Mugabe, 93 anni, ex dittatore dello Zimbabwe, alleato storico della Cina. Nei suoi 37 anni di malgoverno il Paese è diventato un caso di disperata corruzione, miseria diffusa e violazione dei diritti umani su larga scala. Solo la levata di scudi interna costringe Tedros a ritirare la nomina.
I rapporti Cina-Etiopia
La Cina è il più grande partner commerciale dell’Etiopia: finanzia infrastrutture ferroviarie, telecomunicazioni, autostrade, centrali idroelettriche. La precondizione è l’affido esclusivo di appalti ad aziende cinesi. Nel 2016 inaugura il gigantesco parco industriale di Hawassa, dove disloca la sua manifattura (costa meno che in Bangladesh). Ad oggi gli investimenti ammontano a 24,5 miliardi dollari (fonte Aei). Di fatto l’Etiopia è l’hub della Cina per la sua strategia di lungo periodo nell’approvvigionamento delle materie prime che stanno nel resto del continente africano, perché è nella capitale Addis Abeba che si incontrano i governi. C’è la sede dell’Unione Africana: un palazzo di 20 piani donato dalla Cina nel 2012. C’è la sede della Commissione Economica per l’Africa dell’Onu. In sostanza fa quello che l’Europa ha fatto per 200 anni, senza però rompere le scatole sui diritti umani. E l’Etiopia ricambia: è stato il primo Paese africano a opporsi alla proposta Onu di sanzioni alla Cina per la violazione dei diritti umani in Tibet.
Dal 5G ai farmaci contraffatti
Ogni Paese gioca la propria partita. Oggi sul tavolo dell’Oms ci sono le questioni del secolo: la valutazione sulla sicurezza del 5G, e la lotta contro la contraffazione dei farmaci (il 7% del totale), molto avversata dai Paesi asiatici. Si stima che il valore globale sfiori nel 2020 i 1.000 miliardi di dollari. Metà della contraffazione è cinese. E poi c’è il vaccino contro il Covid-19. Quando ci sarà, l’Oms dovrebbe avere voce in capitolo affinché sia reso accessibile a tutti. Ma ci sarà da lottare. E proprio nel mezzo della pandemia il presidente Trump, che dal 2017 non ha nemmeno nominato il membro Usa nell’executive board, decide di sospendere i finanziamenti all’Oms, e lavora alla costruzione di organizzazioni alternative. Quindi della prossima epidemia se ne occuperanno i marines? O Bill Gates? Nulla è più geopolitico della salute.
La fabbrica del mondo a basso costo
Usa, Europa e Giappone si sono da tempo allontanati dai principi che hanno ispirato la cooperazione tra i popoli, trovando maggiori benefici nei trattati dell’Organizzazione mondiale del commercio, che ha prodotto enormi ricchezze per pochi, ma ha regole cogenti: se violo una postilla del Wto pago penali miliardarie, se me ne vado dall’accordo di Parigi sul clima non succede nulla. Abbiamo voluto che la Cina diventasse la fabbrica del mondo a basso costo, poi esplode un virus a Wuhan, io mi ammalo a Milano o a New York, e non ho la mascherina perché la fabbricano a Wuhan. Il virus ha svelato l’effetto di una interconnessione inestricabile. Vanno rimesse in discussione le cause. Per far fronte alle minacce che incombono sulle nostre vite, occorre costruire un nuovo multilateralismo insieme ai 5 Continenti per uno sviluppo sostenibile. E l’unico modo per mettersi d’accordo è la sopravvivenza dell’umanità.