La Stampa, 10 maggio 2020
Intervista all’economista Jeffrey Sachs
Jeffrey Sachs è un economista e analista politico americano esperto di sviluppo economico e lotta alla povertà. Sachs è stato direttore del Earth Institute della Columbia University dal 2002 al 2016 e oggi collabora con la Accademia Pontificia delle Scienze e l’Accademia Pontificia delle Scienze Sociali sui temi dello sviluppo sostenibile.
A causa del Coronavirus il mondo ha smesso di muoversi. Niente aerei, treni, auto, fabbriche e all’improvviso il cielo è limpido. Che cosa significa per un paladino del mondo sostenibile come lei?
«Questa non è la via allo sviluppo sostenibile, ovviamente. Siamo nel mezzo della crisi più profonda della nostra vita. L’obiettivo primo è combattere l’epidemia. Poi dovremmo ricostruire l’economia mondiale tenendo conto delle minacce future, comprese non solo le pandemie, ma il clima e l’ecologia in generale. Dovremmo ricostruire guidati dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, dall’accordo sul clima di Parigi e, naturalmente, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani».
Come scrive nel nuovo libro "The Ages of Globalization: Geography, Technology, and Institutions", i paesi sono stati colti di sorpresa e sembrano impreparati. Come è stato possibile in un mondo così tecnicamente avanzato ?
«Il mondo ricco non era preparato perché la politica è diventata una lotta tra prime donne piuttosto che una ricerca di soluzioni su questioni più profonde. Negli Stati Uniti siamo governati da un presidente incapace di intraprendere azioni concrete anche dopo che era stato dato l’allarme».
È meglio morire di Coronavirus o avere sommosse, carestie, enorme disoccupazione e drammatica incertezza?
«In Asia molti paesi - Cina, Corea, Taiwan, Nuova Zelanda - hanno di fatto sconfitto l’epidemia. Perché l’Europa e gli Stati Uniti no? In parte perché i nostri politici, esperti e pubblico non sono pronti a imparare dai successi in Asia, che si sono basati su un enorme mobilitazione della sanità pubblica per contenere il virus. La Cina ha controllato l’epidemia all’interno del paese, ma gli americani continuano a morire in gran numero».
La Cina ha un regime totalitario. Siamo sicuri che forniscano informazioni adeguate su ciò che sta accadendo?
«La Cina è accusata di dare numeri sbagliati, di fornire troppo poche informazioni su ciò che sta accadendo, di aver prodotto il virus in laboratorio o esserselo fatto sfuggire accidentalmente. C’è una forte evidenza che la Cina abbia veramente controllato il virus, così come molti dei paesi vicini. Le autorità cinesi hanno contato ogni morto? Nessun paese è stato in grado di farlo. La Cina ha nascosto un’epidemia in corso?Penso di no. Nulla è certo, ma è probabile che stiamo vedendo un quadro accurato. La verità mostrerà che la Cina è stata in grado con misure forti di controllare l’epidemia».
Crede che questa pandemia sia nata in un laboratorio?
«Nessuno scienziato serio lo pensa. Un laboratorio ha rilasciato accidentalmente il virus? Possibile, ma non probabile. Più verosimile un evento zoonotico al di fuori di un laboratorio, come con molte altre recenti malattie. Le origini di Covid-19 saranno studiate attentamente da team di scienziati cinesi e internazionali ».
In molti affermano che il mondo non sarà più lo stesso. Altri dicono che una volta scoperto il vaccino, la macchina del mondo ricomincerà a funzionare. Cosa ne pensa?
«La vita cambierà profondamente. Potremmo trarre insegnamenti positivi sulla preparazione, la resilienza, le politiche basate sulla scienza e l’equità sociale. Potremmo davvero passare a tecnologie molto più sostenibili, come le energie rinnovabili e le tecnologie digitali, e farlo in modo equo. Oppure l’epidemia potrebbe portare a una crisi economica e geopolitica più profonda, come avvenne negli anni ’30. Molto dipenderà dai politici».
Pensa che Churchill, Roosevelt, Stalin e de Gaulle avrebbero affrontato questa guerra contro il virus con più forza e risultati migliori?
«Roosevelt, sì. Stalin, no».
L’efficienza della Cina di fronte alla pandemia e l’approccio dilettantistico del governo degli Stati Uniti è un pericoloso trionfo del regime dittatoriale e il fallimento della democrazia?
«Il punto non è dittatura contro democrazia. Una democrazia come la Nuova Zelanda è riuscita a batterla attraverso una forte leadership scientifica (e Jacinda Ardern, una donna meravigliosa, al potere!)».
Lei è un sostenitore di Bernie Sanders. Ora che si è ritirato sosterrà Joe Biden?
«Certo. È essenziale sostituire il presidente in carica».
Che tipo di consiglio darebbe a Joe Biden?
«Prepararsi alla presidenza con una squadra qualificata, scienziati, esperti nazionali e non solo essere eletto senza un programma dettagliato».
Qual è il ruolo di un professore di economia oggi?
«Attingere alla scienza, alla storia, alla conoscenza e all’esperienza per affrontare la crisi e parlare onestamente quando i nostri politici sono tanto distruttivi per il benessere globale».
Ha combattuto per tutta la vita contro la povertà. Che ricette ha per il domani ?
«Fermare l’epidemia con un’efficace sanità pubblica, cancellare i debiti dei paesi poveri, porre fine ai paradisi fiscali globali, tassare la ricchezza, trasferire i redditi ai paesi più poveri e mobilitare le nuove tecnologie e le energie rinnovabili per le conquiste economiche in tutti i paesi, compresi i più poveri».
Pensa che l’Onu e l’Oms abbiano sottovalutato lo tsunami del Coronavirus?
«Hanno lavorato sodo per il benessere globale di fronte all’ostilità da parte del governo nazionalista statunitense».
Il mondo diventerà più cooperativo, o ci saranno ancor più sbarramenti?
«Può andare in entrambi i modi. Non c’è nulla di scontato».
Alla resa dei conti come finirà tra Cina e Stati Uniti?
«Mi preoccupato molto la possibilità di ulteriori conflitti. Ci sono molte teste calde negli Stati Uniti. Spero che l’Europa si schieri con la cooperazione con la Cina».
Che consiglio darebbe al suo paese e a tutti gli alleati occidentali su come affrontare i pericoli presenti e futuri?
«Abbiamo bisogno di politiche per il bene comune piuttosto che per le lobby delle multinazionali. Di cooperazione globale, non di odio. Della diplomazia, non della guerra. Della scienza, non dell’ignoranza. È un ordine superiore. Gli Usa stanno fallendo in patria e minando il multilateralismo. I populisti - Trump, Bolsonaro, Salvini e altri - rappresentano una distrazione dalle profonde questioni politiche da affrontare con urgenza: equità, giustizia sociale, efficacia di governo, cooperazione globale, sostenibilità ambientale».
(Traduzione di Carla Reschia)