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 2020  maggio 10 Domenica calendario

Intervista a Sofia Goggia

Sofia Goggia, si è paragonata a un’aragosta che distrugge il vecchio guscio e ne crea uno nuovo: come procede l’opera? 
«Avanza. C’è una parte dolorosa nel lavoro dell’aragosta, che si leva il guscio non in mare aperto ma sotto i sassi per evitare di essere divorata. È stato così pure per me: questo periodo mi ha dato possibilità di rifarmi le ossa e qui c’è il doppio senso perché a Garmisch mi sono rotta il braccio sinistro». 
C’è stato un criterio nell’auto-isolamento? 
«Ho lavorato per ritrovare serenità e pace interiore. Ho fatto ricorso anche alla spiritualità, una spiritualità laica. L’inverno tribolato nasce dalla mancanza di certe cose: ero una macchina con le gomme sgonfie». 
Come si costruisce una ripartenza? 
«Dovevo capire alcune cose che in questi anni avevo sepolto come fanno i cani con l’osso. Gli inglesi spolverano i tappeti e nascondono lo sporco sotto. Ma non vuol dire che non ci sia più: le pulizie ogni tanto bisogna farle». 
La crisi, peraltro, era in atto da tempo. 
«Era cominciata prima della stagione, per vari fattori. Non è colpa di questo o di quello: ciò che ci nuoce non arriva mai dall’esterno, ma è qualcosa che da dentro va all’esterno. Credo nella legge dell’attrazione universale: attiri il bene, ma attrai anche il male se non agisci in modo corretto». 
Spesso ha avuto alti e bassi. 
«Sembra un déjà-vu: sono sempre stata continua… nella discontinuità. Ho avuto periodi di transizione e quest’annata è uno di questi». 
È vero che è stata vicina al ritiro? 
«Vero. Non riuscivo a trarre gioia da ciò che facevo. Una mazzata: più mi sforzavo di reagire e più mi allontanavo dalla meta. Però dalle fasi di down mi sono sempre ripresa. Stavolta avevo solo due opzioni: o smettere, o inseguire di nuovo il top. Ho scelto la seconda strada». 
Questo «mostro» interiore ha connotati diversi da quelli del passato? 
«I mostri hanno sempre il volto delle nostre ombre. Inoltre, siamo in costante evoluzione: le equazioni che risolvi alle medie hanno una certa difficoltà, quelle del liceo un’altra». 
Le cadute in gara erano frutto di foga o di frustrazione? 
«Né l’una né l’altra. Frustrazione verso chi? Banalmente, ero instabile sugli sci: lo specchio del mio animo». 
Dall’auto-isolamento a quello forzato a causa del coronavirus: come ha riempito le giornate? 
«Prima di tutto ho dormito tanto: non è una banalità. Ho trovato il tempo per me stessa, dite poco? Ho ripreso a suonare il piano, una passione giovanile, ho fatto cose tranquille come dialogare con i vicini, andare dal contadino per le uova, riscoprire i piccoli negozi per la spesa. Poi ho letto: da marzo, già otto libri. Io sbrano tutto!». 
La Bergamo che lotta l’ha aiutata a ritrovarsi? 
«Un po’ sì. Ho realizzato che non potevo piangere per i miei problemi quando ci sono tragedie enormi». 
Ha ammesso che il via vai di ambulanze l’aveva spaventata. 
«All’inizio sì. Ero tornata dalle Maldive, tutto era chiuso e se non stavi a distanza parevi un untore. I camion pieni di bare, poi, non erano una bella vista». 
Torniamo allo sci. Garmisch nel 2019 l’ha rilanciata dopo l’infortunio al perone; nel 2020, invece, l’ha fermata. 
«Peggio, mi ha fatto schiantare. Era destino? Tutto ha sempre un disegno, però non significa che nella vita non si debba agire». 
Nella grande stagione delle azzurre, Sofia Goggia resta defilata: solo una vittoria e un secondo posto. Fa specie? 
«È chiaro che mi girano. Però il valore assoluto non è in discussione: io ho vinto l’Olimpiade e una coppa di discesa davanti alla Vonn. A ogni modo, chapeau alle compagne: nel team le carte si rimescolano, loro avranno gli occhi addosso mentre io sarò come una start up sulla quale puoi investire. Funzionerà? Boh, vedremo». 
Che cosa insegna la coppa assoluta di Federica Brignone? 
«Che costanza e continuità pagano. Ma, come detto, la mia costante è la discontinuità: quindi, di che cosa stiamo parlando?». 
È vero che la Shiffrin non potrà più pensare di vincere la Coppa del Mondo anche saltando delle gare? 
«Direi di sì: le rivali sono tante. Ma se la Shiffrin ha una stagione normale, vince lei. La Shiffrin è la Shiffrin, le riesce tutto: canta ed è intonata; suona gli strumenti e non stecca; legge in greco ed è brava. Quando poi scia, è un violino; mentre quando scendo io è un rock and roll». 
Si immagina uno sci… in mascherina? 
«So solo che sarà un macello riprendere. Il mio skiman mi dice di prepararmi a una stagione con poche gare». 
Crede che dopo la pandemia il mondo sarà migliore? 
«Mi pare come la frase “da domani sono a dieta”, tipica soprattutto dal genere femminile... Però mi auguro che l’umanità impari da questa vicenda». 
Sofia Goggia ama stupire: come lo farà stavolta? 
Dovevo ritrovare serenità interiore 
Sbagliavo perché ero instabile sugli sci: era lo specchio 
del mio animo 
«Se lo sapessi e ve lo dicessi, che stupore sarebbe? Voglio solo rivivere sensazioni di libertà sugli sci. Una volta provate quelle, ritrovo me stessa e sono a cavallo».