Corriere della Sera, 9 maggio 2020
Elsa Peretti, designer di Tiffany, compie 80 anni
Ossa umane come ispirazione per bracciali di eleganza intramontabile. Una scelta che ha fatto scalpore. «Ma la mia passione per le ossa non ha nulla di macabro, da ragazzina visitavo spesso la cripta di una chiesa cappuccina del diciassettesimo secolo a Roma dove le pareti erano decorate con ossa e mia madre doveva rimandarmi indietro ogni volta a restituire un piccolo ossicino», ricorda, dalla cittadina di Sant Martì Vell in Spagna – archiviata la parentesi newyorkese – la designer Elsa Peretti, che ha appena spento 80 candeline. «I miei ottant’anni arrivano in un momento molto delicato per il mondo intero...e mai come in questo momento ho sentito quanto sia importante il mio ruolo di filantropa».
Attraverso la Fondazione Nando ed Elsa Peretti – papà Nando fondò l’Anonima Petroli Italiana e lei crebbe nel mondo dorato della città eterna, Roma, prima di reinventarsi una vita altrove, prima modella (anche per Salvador Dalì) e poi designer – Elsa Peretti ha finanziato negli anni molti progetti umanitari. Per oltre 54 milioni di euro. «Il mio impegno ora è concentrato sull’Italia, non solo perché è il mio Paese, ma anche perché è quello che sta subendo le peggiori conseguenze di questa pandemia, così con l’Ordine di Malta e il Circolo San Pietro abbiamo donato 2 mila pasti caldi da distribuire a Roma nelle mense all’aperto. E pensando agli effetti sanitari, economici e sociali della pandemia nel Sud Italia, ho preso la decisione di sostenere la Fondazione di Comunità Val di Noto, la Fondazione comunitaria di Agrigento e Trapani e la Fondazione di Comunità San Gennaro», racconta la designer che ha legato il suo nome a Tiffany.
Come sarà la creatività dopo l’onda d’urto del Covid19? Cosa immagina per il futuro del design, della moda e della creatività? «Penso che nel futuro la moda, così come il design, dovranno tornare alla semplicità. Penso che lo stile debba essere semplice. La curiosità e l’umiltà, essere generosi e aperti verso gli altri sarà sicuramente il modo migliore per sviluppare la creatività in futuro. E poi per me le linee e le forme, se sono belle, sono senza tempo. Indosso lo stesso abito per diversi anni se il suo design mi piace. Ad esempio, sono felice quando creo i miei look con i capi più belli che ho nel mio armadio da tanto tempo, mi piace vestirmi in modo naturale...non mi piacciono i look impeccabili o troppo perfetti, “preconfezionati”».
I suoi gioielli, per primi, hanno sdoganato l’argento come materiale prezioso, e hanno scelto forme anatomiche come ispirazione, come nella collezione Bones, ossa, appunto. E proprio il bone cuff, in occasione dei suoi 80 anni è stato rielaborato in modo inedito, in verde, rosso... «Si adatta perfettamente alla forma del polso: il bracciale è disegnato specificamente per il polso destro e per il sinistro e può essere indossato in coppia, diventando un tutt’uno con il corpo. Quanto all’argento, bisogna seguire il proprio istinto, e io adoravo i gioielli antichi d’argento che avevo scovato al mercato di Portobello, a Londra. Così nel 1974, quando iniziai a collaborare con Tiffany ero tentata di lavorare con le pietre più preziose ma ero timida: la personalità di una pietra, anche da 0.3 carati, è comunque forte. Pensai allora alla fede nuziale in oro di mia zia Nina, in cui la pietra da un carato era incastonata nell’argento».
«Il primo oggetto che ho creato a New York nel 1969 fu proprio una piccola bottiglia d’argento, una sorta di feticcio. Mi piaceva l’idea di camminare per le strade della città portando al collo un fiore in questa piccola bottiglia. L’ispirazione mi venne da Portofino nei ‘60, un posto magico. Le donne erano bellissime, con abiti di seta di Emilio Pucci e tenevano tra le mani una gardenia...così pensai a qualcosa in cui il fiore si potesse trasportare e conservare. La natura ispira tutte le mie creazioni, dai fagioli alle stelle marine, dagli scorpioni ai serpenti. Da bambina andavo alla ricerca di bellissime conchiglie sulla spiaggia. A quel tempo le spiagge erano molto generose, non c’era plastica ma solo vetri levigati e piccole conchiglie».
La sostenibilità è un valore di riferimento nella gioielleria oggi. «Tiffany è stato uno dei brand precursori su questo tema, sono orgogliosa di collaborare con un’azienda che da oltre 20 anni, come me, è impegnata a svolgere la propria attività in modo responsabile, proteggendo la natura, adottando iniziative per la conservazione dell’ambiente, e che sceglie solo diamanti di provenienza tracciabile».