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 2020  maggio 09 Sabato calendario

I 60 della pillola anti concezionale

La pillola compie gli anni, sessanta, ben portati perché le tocca ancora essere rivoluzionaria all’età in cui dovrebbe godersi una posizione sociale affermata, libera dal giudizio. Approvata il 9 maggio del 1960, subito diffusa, comprata, prescritta, ma mai uscita dall’orbita bacchettona del comune senso del pudore. Lui, il pudore, ha cambiato limiti e orizzonti, solo che per quanto si espanda la definizione di morale la pillola viene sempre risucchiata nella zona d’ombra. Pensare che quando la Food and Drug Administration degli Usa l’ha legalizzata e resa disponibile al mondo, la prima pubblicità non si è affatto preoccupata di essere discreta, una gigantesca Andromeda annunciava: «Via dalle catene».

Basta guardare una qualsiasi puntata di «Mrs America» per capire che dieci anni dopo i diritti delle donne erano ancora un concetto astruso. Non è un caso che la serie tv sia in onda ora, in tempi in cui solleticare la pruderie ed elevarla a raffinata visione alternativa è una moda. Peggio, una strategia.
«Mrs America» racconta la travagliata strada dell’«Equal Rights Amendment», proposta di emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, passata al Congresso nel 1971 e mai ratificata in tutti gli Stati. Alla pillola è andata meglio, per quanto contestata e tirata in ballo a sproposito, è subito diventata legale, la parità invece ha perso i contorni definiti che aveva in quella carta e si è dissolta in un dibattito eterno. Con il tempo si aggiustano i pezzi, diminuisce il dislivello, ma si arriva a modificare il sistema solo correggendo i singoli difetti in un processo lunghissimo. La serie spiega bene come è successo: l’attimo prima sembrava tutto pianificato, nero su bianco, e quello dopo era donne che fanno il pane in casa contro donne che non fanno la messa in piega. E politiche di colore intimidite dall’impossibile quesito: «Preferisci dare dignità ai neri o promuovere l’aborto?». Domande incandescenti che hanno finito per bruciare ogni logica. Fronti non così opposti provocati da una serie di lobby costruite a scatola cinese: una dentro l’altra, in una piramide di potere che mescola ogni intenzione.
Sono tutti personaggi reali: la femminista Gloria Steinem, certa dei propri principi e frustrata dalle deviazioni. La madre del movimento, Betty Friedan, incapace di dialogare con le nuove generazioni. L’attivista Bella Abzug, tanto pratica da risultare sbrigativa: «Non sei alterata?», «Certo che sì, non mi vedi? Mangio hot-dog in piena dieta del pompelmo». E soprattutto Phyllis Schlafly (una stratosferica Cate Blanchett), l’anti progresso, la madre di famiglia che si sente minacciata. Sono gli Anni Settanta, ma, tolti certi vernissage di New York, non restano affatto confinati nel loro tempo. La pillola, allora in commercio da un decennio, viene demonizzata più del giorno in cui è comparsa, colpa del troppo successo: anche lei è stata Mrs America e Mrs America dà sempre fastidio, che sia un attestato di libertà, una ragazza in bikini o una donna che vuole diventare presidente.