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 2020  maggio 09 Sabato calendario

Gli ascolti terapeutici di Daniel Harding

Daniel Harding ha appena finito di rivedere Toro scatenato di Scorsese. La "danza" solitaria di De Niro in slow motion, sulle note dell’intermezzo da Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, lo ha particolarmente toccato perché «riesce a rappresentare uno dei tanti modi di vivere una condizione di isolamento». Dalla sua casa di Parigi, il direttore d’orchestra britannico, 44 anni, tra i più acclamati nel panorama internazionale della musica classica e sinfonica, direttore musicale della Swedish Radio Symphony Orchestra, già assistente in giovane età di Claudio Abbado e Simon Rattle, racconta come sta vivendo l’emergenza che ha fermato e costretto alla reclusione forzata il mondo intero. Un tempo in sospeso che ora sembra ripartire e respirare di nuovo. In Francia l’aria di primavera dovrebbe finalmente arrivare con le prime riaperture e un graduale de-confinamento nella prossima settimana, pochi giorni dopo la ripartenza dell’Italia. Per la musica dal vivo bisognerà invece attendere ancora. Concerti e tournée sono stati tutti cancellati.

Daniel Harding, viviamo un periodo storico di grande drammaticità e insicurezza. Nella musica, a suo avviso, è possibile trovare un conforto in un momento così difficile?
«È un argomento piuttosto divisivo.
Mi verrebbe da rispondere sì e no. Ci sono persone che amano la musica e che in questi giorni stanno trovando un sollievo nell’esperienza dell’ascolto, ma so anche che molti musicisti non riescono affatto ad ascoltarla in questa circostanza.
Abbiamo tutti un rapporto molto diverso e personale con la musica. Un musicista professionista, per esempio, non ha una relazione ingenua o disinteressata, la musica è il cuore della sua vita professionale.
In questi due mesi quasi di lockdown ho visto tanti musicisti che suonano da casa usando la rete e le varie piattaforme digitali. C’è un senso di bellezza in tutto questo, ma è anche un promemoria che ci ricorda la connessione reale di cui adesso sentiamo la mancanza».
Lei che rapporto ha in questa fase con la musica?
«Personalmente mi viene più spontaneo dedicarmi alla lettura degli spartiti, allo studio, piuttosto che impegnare il mio tempo ad ascoltare musica o a suonarla.
Ovviamente, però, la cosa che desidero di più in assoluto è tornare a fare di nuovo musica insieme con gli altri musicisti e a poterla condividere con un pubblico che si trova fisicamente nello stesso spazio. Fare musica significa connettere e condividere. Dovremo però sforzarci di ripensare la musica dal vivo, il lavoro delle orchestre, e riadattarli sulla base di una nuova condizione.
Tutto è improvvisamente cambiato».
Quali dischi o registrazioni di concerti suggerirebbe di ascoltare a chi oggi avverte un bisogno vitale di musica?
«Sicuramente il Vespro della Beata Vergin di Claudio Monteverdi, nell’esecuzione degli English Baroque Soloists, del Monteverdi Choir e del London Oratory Junior Choir, sotto la direzione di John Eliot Gardiner. Una registrazione magnifica che esprime tutta la dirompente carica di spiritualità della musica di Monteverdi. Poi consiglierei la Nona Sinfonia di Gustav Mahler eseguita dai Berliner Philharmoniker diretti da Claudio Abbado, una musica di entusiasmante profondità e bellezza.
Infine, Scene dal Faust di Goethe di Schumann, con la direzione di Nikolaus Harnoncourt e l’Orchestra reale del Concertgebouw».
Qual è la musica che a lei potrebbe trasmettere più emozioni in questo frangente della sua vita?
«Chiunque ascolti Christian Gerhaher che canta Schubert accompagnato dal suo meraviglioso pianista Gerold Huber può trovarvi tutto ciò di cui ha bisogno.
Normalmente non mi rivolgo alla musica per cercare pace o consolazione, ma quando ascolto Du bist die Ruh ne trovo in quantità infinite. Credo che anche l’ascolto di
Des Fischers Liebesglück potrebbe essermi di conforto. Dopo che si è sperimentato un dolore così profondo può esserci solo la catarsi».
Che tipo di silenzio è entrato nella sua vita con l’esplosione dell’emergenza?
«Il silenzio è una cosa incredibilmente preziosa e rara, ma quello che abita le nostre vite adesso non è pacifico. Lo trovo quasi rumoroso. Ci vuole una grande disciplina per trovare una dimensione di quiete in questo complicato momento, ma è importante trovarla dove e quando possiamo».
La pandemia ha fatto saltare anche tutti i suoi impegni artistici?
«Dallo scorso marzo sono partite le cancellazioni. È stata annullata la data di aprile all’Auditorium Rai di Torino. Avrei dovuto dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nel Concerto per violino e orchestra "Alla memoria di un angelo" di Alban Berg e nella "Quarta Sinfonia" di Brahms. Stessa sorte è toccata ai due concerti in programma ai primi di giugno alla Berwaldhallen di Stoccolma: la Missa solemnis e la Nona Sinfonia di Beethoven per le celebrazioni dei 250 anni dalla nascita».