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 2020  maggio 09 Sabato calendario

Il 37% di chi voleva un figlio ha rinunciato per la pandemia

Se il coronavirus è una guerra, chissà se a seguirla sarà una nuova generazione di baby boomer. L’aumento delle nascite è stato l’eredità del ’45, dell’uragano Sandy nel 2013 e della nevicata di New York del 2015. Non ci sono però segnali che l’exploit si ripeta oggi, nonostante il confinamento che regala alle coppie tempo e vicinanza. «Il 37,7% di chi programmava un figlio prima della pandemia ora ha rinunciato», osserva un gruppo dell’università di Firenze, sbirciando fra le lenzuola di 1.482 italiani fra 18 e 46 anni impegnati in una relazione stabile. “Desiderio di genitorialità ai tempi del Covid” è il titolo della ricerca sul Journal of Psychosomatic Obstetrics and Gynecology.
«Non ci aspettiamo un baby boom, almeno nell’immediato», sintetizza Gianmartin Cito, urologo dell’università di Firenze, che con Elisabetta Micelli è coordinatore del primo studio al mondo sul rapporto fra pandemia e riproduzione.
La rinuncia non nasce da problemi sessuali. La frequenza dei rapporti, nei partner intervistati, non si è ridotta nonostante un certo aumento del malessere psicologico. La decisione di non avere figli nasce da due cause ben meditate e spesso concomitanti: le preoccupazioni economiche (citate dal 58% degli intervistati) e il timore di portare avanti una gravidanza in tempi di epidemia (sempre per il 58%), con gli effetti sulla salute di mamma e bambino non del tutto chiari nemmeno alla scienza. «Quella che stiamo vivendo è una crisi economica ed emotiva insieme», conferma Cito.
Le esperienze del passato sembrano confermare le previsioni dei ricercatori fiorentini. Uragani e catastrofi sono seguiti da un picco delle nascite dopo 9 mesi esatti, così come i black out elettrici. Le epidemie invece sono questione più delicata. Ebola e Sars insegnano che il ritorno alle culle arriva uno o due anni dopo l’attenuarsi della malattia. Anche dalla Cina che esce dall’ondata di coronavirus per il momento arrivano notizie di un boom di divorzi.
Emmanuele Jannini, sessuologo dell’università di Roma Tor Vergata, sta conducendo uno studio sul sesso ai tempi del Covid ancora aperto alle risposte (sul sito sexcovid.it). I risultati preliminari parlano di un aumento del malessere psicologico «che non predispone certo all’attività sessuale». Chi però riesce a stare a galla fra le preoccupazioni, «trae beneficio dall’attività sessuale, che è un potente antidoto contro ansia e depressione. Notiamo un aumento della masturbazione nei due sessi. A preoccuparci sono i single che riferiscono di avere rapporti, come l’invariato numero di annunci di escort, perfino nelle zone rosse di Bergamo e Brescia dove il confinamento dovrebbe essere rigoroso».
Il coronavirus, a conti fatti, è per Jannini una formidabile cartina di tornasole del cemento sentimentale della coppia. A chi ha un rapporto solido, dona tempo e intimità. E in questa osservazione c’è uno spiraglio di luce che trapela anche dai dati di Firenze. «Fra l’81,9% di intervistati che prima non volevano bambini – spiega Cito – l’11,5% ha invece scoperto di voler diventare padre o madre proprio durante la pandemia». Desiderio di cambiamento (50%) e voglia di pensare positivo (40%) sono le ragioni più citate. «Ci vorrà tempo – conclude Cito – ma la voglia di avere bambini certamente ritornerà nel futuro».