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 2020  maggio 09 Sabato calendario

La mascherina ci lascia senza naso

È vero che copre anche la bocca, ma è il naso che la mascherina cancella. E andare in giro senza naso è uno smarrimento non soloperché nonci sonopiù le fisionomie, ma perché la sparizione dell’olfatto elimina la geografia degli odori, quelli cattivi che combattiamo con i profumi, quelli dei gas di scarico e quelli dei vicoli di Napoli, la puzza d’orina degli androni neri di Palermo, le ventate non solo vegetali nel mercato alimentare Sant’Ambrogio di Firenze dove, con la mascherina, non senti più i capelli quando si impregnano di un sentore leggero, come di pesce. Non senti nemmeno l’aria nuova della salute dell’acqua di Venezia perché il mondo senza naso ha un solo odore, quello del cotone sterilizzato nel respiro sotto vuoto che dentro la mascherina ritorna indietro accelerato come un affanno.
Davvero èuna novitàd’epoca questa scomparsa del naso, una fantasia non ancora esplorata, un “mai annusato” che non si trova neppure nella storia dell’arte, dove c’è l’uomo-naso, come forse era padre Dante aquilino predatore che «mai troppo si abbassò di cielo in terra», dove ci sono i nasi mutilati di guerra e i nasi deformati e rincagnati alla Mike Tyson, dove c’è persino (Saul Steinberg) il nasosenzauomo, ma non c’è l’uomo senza naso.
Dunque ho passeggiato senza naso per Roma. E in piazza di Spagna eravamo una piccola folla a disagio, tutti a spingere la mascherina in basso, a destra e poi a sinistra, perché faceva già caldo e liberare il naso diventava una necessità primitiva. E chissà quanti di quei nasi incarcerati rimpiangevano la grande bellezza nella Roma di Fellini e in quella di Sorrentino, i vecchi tempi dissipati sniffando mondanità cancerogena, con le narici predisposte alla mala aria dei salotti e delle trattorie, esalazioni che offuscavano le menti e rivelavano la verità. E invece ora nel mondo senza naso non c’è nemmeno più la putrefazione da cassonetto di piazza Vittorio. A volte, come in una ricerca dell’olfatto perduto, i nasi al mattino rimpiangono l’ammoniaca con cui i portieri, dentro i portoni, soffocavano le esalazioni della sporcizia. E chi avrebbe mai detto che la memoria avrebbe sniffato la nostalgia della puzza di topo cotto, nei vicoli attorno a piazza Navona?
Non c’è nulla di letterario nella sparizione del naso. È vero che sui nasi la bibliografia è vastissima, da Pinocchio a Gogol, da Cyrano ai trinariciuti di Guareschi. Anche nella letteratura, come nell’arte, c’è l’uomo con uno nessuno e centomila nasi, manon c’è l’uomo senza naso se non in Italo Calvino che, unico, arriva a immaginare un futuro appunto senza naso, un olfatto che «dimentica l’alfabeto, il lessico prezioso dei profumi rimasti senza parole, inarticolati e illeggibili». Anche in prosa, infatti, il naso è il dettaglio più vero, quello che meglio decifra una faccia. Ma se lo guardi troppo da vicino, il naso, che è così distintivo del volto, finisce con il nascondere il volto. Con la mascherina invece non solo non vedi più i nasi della gente, storti, dritti o rifatti che siano, ma non riesci nemmeno più a ficcare il naso dappertutto, come ci piacerebbe ancora fare. Alla fine perdi dunque il più sensato dei cinque sensi se è vero che il corso della Storia può dipendere dalle proporzioni di un naso, come dicono alcuni filosofi facendo storcere il naso ad altri filosofi.
Diciamo la verità: il naso è stata la risorsa dell’Italia, che spesso era irregolare, approssimativa ma arrivava a lume di naso dove gli inglesi e i tedeschi arrivavano con le competenze. E si può per esempio discutere se gli aforismi di Kraus, nutriti di sapienza, equivalgono a quelli di Longanesi e di Flaiano, che usavano il naso come radar. Croce non aveva la laurea e Heidegger ne aveva mille. Vittorini traduceva dall’inglese a naso, ma ci ha fatto scoprire la letteratura americana.
Bellini componeva seguendo profumi di gonna negli stessi anni in cui Beethoven celebrava la virtù dell’uomo eroico. E aveva ragione la Francia che formava la classe dirigente nelle scuole superiori o noi che ricorrevamo alla nasologia, disciplina di fondamento delle verità storiche e della storia della verità? E c’è più naso o più scienza nella virologia italiana? E nel governo della pandemia quanto ha funzionato il naso italiano? E la valutazione sulla scarcerazione dei boss mafiosi mandati ai domiciliari è stata fatta a naso? Bonafede e Di Matteo hanno sniffato sospetti?
Insomma è qui che la mascherina trova il suo legame con lo spirito del tempo. Una volta stabilito, infatti, che senza naso non si va da nessuna parte e che ci vuole naso anche per capire il naso, ecco: nell’Italia a lume di naso perdere il naso significa spegnere il lume.