Avvenire, 9 maggio 2020
La domanda di droga a Roma è aumentata
«Durante il lockdown la domanda di droga a Roma è aumentata e i prezzi sono schizzati alle stelle, con enormi guadagni per le organizzazioni criminali». Lo ha spiegato il maggiore Stilian Cortese, comandante del Goa, il Gruppo operativo antidroga del Gico della Guardia di Finanza del Lazio, in un forum online organizzato da Libera. «Il consumo aumenta perché chiusi in casa i tossicodipendenti “impazziscono”. Gli spacciatori hanno capito, si sono organizzati per rifornire i clienti ma, con la scusa delle maggiori difficoltà dovute alle restrizioni a girare per la città, hanno aumentato i prezzi». Così in queste settimane il “mezzo grammo” di cocaina, misura standard dello spaccio, è passato da 30 a 40 euro, un incremento di più del 30%. Inoltre le sostanze sono più tagliate di prima, proprio per l’aumento della domanda. Ma i “clienti” malgrado la qualità inferiore e i prezzi più alti non si lamentano e comprano lo stesso. «Con l’epidemia ci troviamo di fronte a un fenomeno assolutamente nuovo – sottolinea Cortese –. Non eravamo preparati noi e non erano preparati i narcotrafficanti. Il loro vantaggio è che hanno un’enorme disponibilità di stupefacenti su Roma. Quindi il lockdown, che a noi è sembrato un’eternità, per loro è stato abbondantemente coperto da riserve sufficienti a soddisfare la domanda per altri 3 o 4 mesi. La cocaina c’è ed è ancora tantissima». E per raggiungere i clienti le organizzioni criminali «hanno sviluppato una serie di servizi per cui riescono a portare lo stupefacente così come noi ci siamo spostati dal ristorante tradizionale al just eat, il cibo a domicilio. È ancora presto per capire cosa succederà, ma le indagini sono in corso».
Canali già usati da anni per la cocaina, ora funzionano anche per l’hashish che prima si trovava nel parco. Tutto questo conferma la centralità della Capitale per il mondo della droga, sia come piazza di spaccio che come luogo di grandi traffici. «Roma è un centro di spaccio più fiorente, vorticoso e con volumi maggiori rispetto a Milano per numero di consumatori. Non c’è una correlazione tra ricchezza e consumi; moltissimi dei “clienti” sono poveri, ma fanno di tutto per comprare la dose. Il che crea un disagio nel disagio. Si parte da una condizione di grande difficoltà economica, sociale, emotiva, che va ad aggravarsi a causa dell’utilizzo degli stupefacenti. Ed è più difficile uscirne perché non si hanno gli strumenti, soprattutto uscirne indenni: le cicatrici resteranno addosso». Il maggiore Cortese torna sul concetto rimarcando come «in alcune zone periferiche di Roma le aree di spaccio non corrispondono a ricchezza. C’è un enorme flusso di denaro che però porta povertà; il narcotraffico è un’economia piramidale dove il grande guadagno è nelle mani di pochissimi. Gran parte delle personeche vivono nel mondo della cocaina fa una vita di stenti, poco invidiabile. Il mito del criminale ricco è assolutamente falso».
Roma piazza di spaccio, dunque, ma soprattutto «luogo di incontro di vertici o referenti delle organizzazioni criminali che trattano partite di droga talvolta nemmeno riservate alla città e neanche all’Italia. A Roma, è documentato, si incontrano albanesi e calabresi che decidono le importazioni di cocaina a Valencia. Mentre Milano è monopolizzata dalla ‘ndrangheta, qui a Roma sono rappresentati un po’ tutti i gruppi che muovono le pedine nel mondo del narcotraffico».Il maggiore analizza anche altri scenari criminali: «Ancora è presto per vedere una modifica dei fenomeni usurari. Nel prossimo futuro sarà importante ascoltare il territorio in quanto l’usura è uno strumento molto insidioso, non solo perché permette alle mafie di realizzare enormi guadagni e di sottrarre beni all’economia reale, ma anche perché in un contesto di grave crisi economica, se gli istituti finanziari non sono nelle condizioni di soddisfare le esigenze delle famiglie, vengono sostituiti dalle organizzazioni criminali che guadagnano anche consenso. Ed è quello che noi dobbiamo evitare».
Per questo, sottolinea l’ufficiale, «non dobbiamo lasciare soli gli imprenditori e le famiglie, non possiamo assolutamente permettere che i mafiosi si avvicinino. Chiaramente non si tratta di un obiettivo che può essere raggiunto dalle sole forze di polizia; dobbiamo rimuovere il degrado e costruire aree in cui la legalità sia la norma e non l’eccezione. Le forze dell’ordine sono il chirurgo che opera il tumore e lo asporta, ma se è generato da cattive abitudini alimentari e non le cambiamo, non riusciremo a guarire. Aver arrestato tanti boss ha tolto cellule tumorali che vanno sostituite con quelle buone, altrimenti sarà solo questione di tempo e sulla scena criminale altri soggetti andranno a occupare i vuoti».