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 2020  maggio 08 Venerdì calendario

Periscopio

Nulla è più istruttivo dei sacrifici. Ernesto Galli della Loggia. Corsera.
Peggio degli editori esistono solo i miei colleghi giornalisti. Vittorio Feltri. Libero.

Per quanto tempo in una democrazia (molto) difficile come la nostra, il parlamento può essere commissariato di fatto, prima che ciò produca conseguenze irreversibili? Prima, cioè, che in tanti si convincano che del parlamento si possa fare a meno? Angelo Panebianco. Corsera.

Gli Steve Jobs di questo millennio sono i nuovi guru dell’era tecnologica. Personalità dotate di poteri straordinari, in grado di compiere voli della mente impossibili per l’uomo comune. Ho l’impressione che la religione tecnologica continuerà a ricorrere a nuovi sciamani. Giovanni Filoramo, studioso delle religioni (Antonio Gnoli). la Repubblica.

C’è chi dice che gli scandali sessuali nella Chiesa diminuirebbero se i preti si sposassero. (Sospiro). Non credo. Pensi al numero dei pedofili coniugati. Un’infinità. Don Angelo Curti, diventato prete dopo aver perso la moglie (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Prima, ai tempi della Dc, gli ottimati erano sicuri di sé e una critica giornalistica faceva parte del gioco. Per arrivare a una querela doveva cascare il mondo. Accadde tra Alcide De Gasperi e Giovannino Guareschi, che finì in galera. Ma aveva davvero esagerato accusando l’altro, senza prove, di avere caldeggiato il bombardamento angloamericano di Roma del 1943. Giancarlo Perna. la Verità.

Nelle settimane scorse ho incontrato virtualmente i nostri azionisti per spiegare la decisione di non distribuire dividendi quest’anno e reinvestirli nel futuro. Tutti hanno capito. Brunello Cucinelli, industriale della moda (Serena Tibaldi). la Repubblica.

In attesa di capire le regole definitive mi sono venute delle idee: l’asporto non lo farò, ma continueremo con i menù a domicilio, faremo anche gli chef a domicilio, cioè manderò i ragazzi della brigata a casa delle persone a cucinare, perché tanti avranno paura di uscire. Ma soprattutto stravolgerò il ristorante. Dai 60 coperti attuali ne farò massimo 40. Ma mi accontenterò anche di 20. Non per una questione di spazi, ho 250 metri quadrati, il distanziamento si riuscirebbe a mantenere. Ma per la sicurezza degli ospiti e di chi lavora: farò turni rigorosi in modo che i miei 30 dipendenti non siano mai tutti insieme. Viviana Varese, chef del ristorante Viva, una stella Michelin dentro Eataly Smeraldo, a Milano (Alessandra Dal Monte). Corsera.

Erano intollerabili le grisaglie di Alberto Arbasino, quando pontificava nei salotti. Era solo un piccolo borghese di Voghera; è facile percepirlo come tale quando si è napoletani. Paolo Isotta, musicologo. Libero.

Esco dal centro. Milano sembra di colpo così piccola. Un istante, e sono al Parco Sempione. Dal finestrino aperto entra una folata di terra, di erba, di aprile, che cerco di spingere giù nel cuore, a trattenerlo: in tanto vuoto, finalmente vita. Oltre piazzale Accursio le strade si fanno assai più buie, poche insegne accese indicano sale gioco chiuse. Davanti a un tabacchi ben due persone comprano dal distributore le sigarette. Un caffè, in tutta Milano, è un miraggio. Solo la croce di una farmacia lampeggia intermittente. Un’ambulanza fila nella direzione dell’ospedale Sacco, ma a sirena spenta: non c’è un’auto per strada, non ce n’è bisogno. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.

Finita l’emergenza sogno un bel decreto che obblighi le persone a uscire: ci vorrà l’autocertificazione per restare in casa! Renzo Arbore, musicista (Elvira Serra). Corsera.

La realpolitik tedesca di Federico, continuata da Bismarck, terminò nella disfatta austriaca di Sadowa. Il Trattato di Praga espulse l’Austria dalla Confederazione germanica che, dopo la vittoria sulla Francia nel 1870, divenne l’impero tedesco. Respinta verso i Balcani, accasciata dall’impossibile impresa di amalgamare, con neppur dieci milioni di tedeschi, un numero doppio di slavi e magiari, polacchi e italiani, l’Austria fu ridotta a una zattera della disperazione politica, senza che il nuovo germanesimo di Berlino rifondasse altrimenti le energie della nazione spezzata. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1989.

L’ultima volta che ha parlato con una suora è stata una quarantina di anni fa: per un breve periodo la madre l’aveva mandato all’asilo delle monache carmelitane scalze, in via della Lungara. Un postaccio. L’odore di brodo di pollo. E i baffi di suor Matilde, la befana sadica che costringeva un bambino cicciottello e goffo a mettersi in ginocchio sui ceci. Per questo, adesso, Grica odia il brodo di pollo, i ceci e, naturalmente, le suore. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

I McDonald’s non piacciono neanche a noi. Gli preferiamo, anzi gli preferiremmo, se il dietologo non ci costringesse a diete spartane, una trattoria fuori porta dove, fra un piatto di bucatini all’amatriciana e un’insalatona mista, annaffiata, questa e quella, da un rosso del Piglio, trascorreremmo le nostre serate. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.

Fra me e mia moglie, c’è la disputa per chi fa la spesa. Ogni tanto vinco io. Solo che esco di casa contento e torno con una forte malinconia. Napoli, infatti, sembra abbandonata, non sospesa o momentaneamente interrotta: i manifesti dei teatri indicano prime in un domani mai arrivato, dalle vetrine dei bar s’intravedono tavolini accatastati in fretta e furia in una notte. Non vedo gente ai balconi, non sento voci dall’interno. Pare che una popolazione intera sia sparita ed è triste in una città che era folla rumorosa, assenza di privacy. Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano (Candida Morvillo). Corsera.

Rapinose le descrizioni di Toledo da parte di Gómez de la Serna: un «Golgota», città austera annodata di vicoli, «levitica», tutta «dirupi lunari» e scuri preti di ogni clero; un «avvoltoio» aggrappato a uno sperone «di gneis, granito e rocce dell’età paleozoica». Ma pure città «che vola» tra «nubi gabbiane». Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.

I ragazzi correvano, gridavano, si spingevano a vicenda come arieti. Molti di loro avevano occhi neri, fronti basse e capelli ricciuti. C’erano italiani, greci, portoricani. Le ragazze piccolette con i fianchi larghi e i seni alti portavano cestini con la colazione, coperte da stendere sulla sabbia, creme abbronzanti e ombrelloni con cui proteggersi dal sole. Ridevano e masticavano gomma. Isaac B. Singer, Nemici – Una storia d’amore. Longanesi, 1972.

Di quanto bene fatto male, mi sono pentito! Roberto Gervaso. Il Giornale.