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 2020  maggio 08 Venerdì calendario

Intervista a Franco Baresi

Franco Baresi, il Piscinìn, il piccolino, compie oggi sessant’anni. Quarantacinque dei quali vissuti (intensamente) al Milan. «Il mio Milan», dice lui. Anche oggi che il suo Milan vive una fase grigia, incerta, difficile. Non la prima della sua storia. «Tempi brutti ci sono già stati» ricorda l’ex capitano di mille battaglie vinte. Che, come quand’era in campo e guidava l’indimenticabile squadra degli Invincibili, non si nasconde. Né sul presente, né sul futuro: «Rangnick? Mai essere prevenuti verso le novità». Il pensiero, chiaro, va a Sacchi. Rappresentava il nuovo, l’Arrigo. In molti storsero il naso, quell’estate del 1987. Ma fu con lui in panchina, e con Franco Baresi in campo, che il Milan tornò grandissimo. 
Dovesse spiegare chi era Franco Baresi a un giovane che non l’ha vista giocare, cosa gli direbbe? 
«Che il Milan è stato la mia vita. E lo è ancora. Sono arrivato adolescente e oggi, a 60 anni, sono un po’ più maturo e più saggio. Ma sempre milanista. Ne ho viste tante, sia sul campo sia da dirigente. Ho incontrato molte persone che mi hanno fatto crescere, mi hanno forgiato». 
Ne scelga cinque. 
«Rivera, Rocco, Liedholm, Berlusconi e Sacchi. Rivera è stato il mio capitano. Da lui ho imparato tantissimo, vincemmo lo scudetto della stella senza essere favoriti. Liedholm e Rocco, due icone». 
Liedholm la fece esordire a 17 anni: 27 aprile 1978, Verona-Milan 1-2. Che ricordi ha? 
«Il Barone era bravissimo con i giovani. La mia prestazione non fu esaltante, ma i compagni furono eccezionali con me. Negli spogliatoi c’era Rocco, che faceva il dt. Mi guarda e in dialetto triestino mi dice: “Ah, ma ti g’hai giocato anca tu?”. Sono diventato tutto rosso». 
Berlusconi? 
«Ho avuto la fortuna di averlo avuto per 30 anni come presidente. È stato lungimirante. Ha portato la sua mentalità vincente dentro una squadra di calcio». 
Tocca a Sacchi. 
«Arrigo mi ha completato. Ha introdotto una cultura del lavoro rivoluzionaria». 
Qual è il momento più bello e quello più brutto? 
«Belli, tanti. Brutti, pochi. Il peggiore la seconda retrocessione. Ebbi un’infezione da stafilococco. Stagione balorda. Il più bello? Metterei in fila i primi due anni di Sacchi. Lo scudetto del 1988 è stato pieno di sorprese perché praticavamo un calcio nuovo, diverso, unico. Da lì siamo tornati in Coppa dei Campioni e l’abbiamo vinta. In breve eravamo in cima al mondo». 
Nel 1982 la voleva la Juve. Il Milan era retrocesso in B. Come fece a dire no? 
«Sono cresciuto in questo club, mai pensato ad andarmene. Quella stagione mi fecero capitano. Non so se ero pronto, ma ho imparato strada facendo. La mia scelta è stata ricambiata, diventare capitano è stato un onore enorme». 
Roberto Baggio racconta che il rigore sbagliato nella finale del Mondiale 1994 lo tormenta ancora di notte. A lei capita lo stesso? 
«Tenevo moltissimo a quel Mondiale perché ero capitano, c’era Sacchi. Quando mi sono infortunato alla seconda gara ero distrutto. Fu un successo giocare la finale, poi i rigori fanno parte del gioco». 
Rimpianti per il Pallone d’oro mai vinto? 
«No, davanti a me c’era Van Basten». 
Lei ha imparato a giocare all’oratorio di Travagliato. Ai ragazzi di oggi manca? 
«Per me è stato importantissimo, mi ha dato valori. Lo sport deve essere fatto con amore e passione». 

Lei è bresciano. La sua terra è in ginocchio per il virus. 
«È una ferita profonda, che sarà dura rimarginare. Perché penso alla sofferenza di chi ha perso i propri cari, di chi ha vissuto in prima linea a contatto con la morte». 
È favorevole alla ripresa del campionato? 
«Se gli stadi saranno in sicurezza, credo che sia giusto provare e dare un po’ d’allegria. Una speranza in più». 
Il Milan attraversa un periodo difficile. Anche lei ne ha vissuti. Ci sono analogie? Come se ne esce? 
«In ogni club ci sono dei cicli. Ci sono stati dei cambi di proprietà. Berlusconi è rimasto per 30 anni e quello, di certo, è stato d’aiuto. Oggi c’è tanta concorrenza, non è semplice perché vanno rispettate diverse regole, come il fair play finanziario. Ma so che il Milan tornerà in alto». 
Magari con un «sacchiano» come Rangnick? 
«Non bisogna mai essere prevenuti verso le novità. Poi, ci mancherebbe, c’è un bravo allenatore come Pioli. E c’è una proprietà che decide e sceglie per il meglio». 
Che succede con Maldini? 
«Difficile rispondere quando non sappiamo come la pensi. Eviterei di fare supposizioni, sappiamo chi è e cosa ha fatto per il Milan». 
Consiglierebbe a Donnarumma di restare? 
«Fossi in Gigio non esiterei a rimanere al Milan». 
Che capitano è Romagnoli? 
«È uno dei migliori in Italia. La fascia al braccio è un pezzo di stoffa, ma ha effetti incredibili su chi la indossa». 
Chi è il migliore difensore al mondo oggi? 
«Van Dijk del Liverpool: padronanza, personalità». 
Qual è stata l’ultima volta che si è emozionato per il Milan? Dica la verità. 
«Anche quest’anno ha fatto buone partite. Il Milan non deve mai dimenticare la sua filosofia: imporre il proprio gioco con coraggio. E non avere paura. Mai».