il Fatto Quotidiano, 7 maggio 2020
L’Estetista Cinica col Covid ha incassato 13 milioni online
Prendete un’imprenditrice di Brescia che ha un centro estetico a Milano e che a fine 2019 aveva aperto il suo primo negozio di prodotti estetici nonché diversi corner all’interno della Rinascente in varie città d’Italia. Immaginatela immersa nell’emergenza Covid e non potrete che supporre “un disastro”. Invece, Cristina Fogazzi, 45 anni, in arte “Estetista Cinica” e un fatturato di 29 milioni nel 2019, non solo è riuscita a reggere il colpo, ma si è reinventata. E alla fine, ad aprile, chiude con un fatturato di 13 milioni di euro, ovvero con una tendenza in crescita rispetto all’anno precedente, quello senza Covid.
Come è stato possibile? Lo spiega lei, con un entusiasmo che è solo suo e un pragmatismo che è tutto bresciano. “Partiamo dalla prima cosa: l’e-commerce di prodotti per il viso e il corpo mi ha salvata. In questi mesi di quarantena magari la voglia di comprarsi un vestito non veniva, ma vista l’inattività, quella di mettersi un fango sulle gambe sì. A marzo ho fatto il record di incassi, 5,3 milioni, ad aprile 4 milioni. Io lavoravo online da un sacco di tempo, è stata la mia forza”. Quindi non hai licenziato nessuno, neppure tra i dipendenti di centro estetico e negozio? “No, i miei stipendi li ho pagati tutti e ho pagato le tasse. In più per ogni segmento fermo mi sono inventata qualcosa. Col negozio ci siamo inventati le consegne-express su Milano in 24 ore e hanno funzionato”.
Il centro estetico è stato il problema. “Ho organizzato consulenze online: in due ore me le hanno prenotate tutte, fino a fine maggio. Prenoti la mia estetista, lei in video-chiamata ti guarda il sedere, ti guarda la faccia e ti consiglia i nostri prodotti. Quindi io alle dipendenti del mio centro estetico pago lo stipendio e anche la percentuale sul venduto. Le ho tolte dalla cassa integrazione e loro sono felici”. Quante dipendenti hai? “Trentacinque. Posso dire di aver sfangato questa fase. A me preoccupa di più la prossima…”.
Non è un tipo di lavoro in cui ci può essere il distanziamento. “Molte cabine sono senza finestra, e la cliente la devi toccare. Devo tutelare le dipendenti e le clienti, che oltretutto non sono sempre giovani. Qui se si ammala qualcuno si ammalano tutti”. Che misure adotterai? “Ho preso i termoscanner. Test sierologico a tutti i dipendenti. Cambio l’impianto di aerazione, costa 40mila euro. Fornirò mascherine professionali alle dipendenti, e mascherine e guanti alle clienti”. È stato complicato trovare le mascherine? “Ne ho trovate mille, le mie estetiste le FP2 le cambieranno tutti i giorni. Ora quelle in arrivo dalla Cina le bloccano in dogana, me ne servono 50mila, non so quando arriveranno”. Che altro non si trova? “Non si trova più il TNT, quindi non solo non troviamo i camici, ma neppure i perizomi monouso che diamo alle clienti! Dovranno venire con un paio di mutande vecchie….”.
“Sono privilegiata, non posso considerarmi una rappresentante della categoria, ma mi metto nei panni di chi non ha le mie possibilità economiche. Cinque anni fa, quando col solo e-commerce sopravvivevo grazie al fido della banca, dopo due mesi di chiusura io sarei finita per terra. Lo Stato deve aiutare chi non ha i miei mezzi”. Tu hai usufruito anche di una consulenza? “Sì, di quella di un virologo, Giovanni Di Perri. Mi ha spiegato molte cose, ma aspetto le indicazioni del governo. L’estetista Marina di un paesino come fa altrimenti? Deve mettere i clienti in sicurezza anche lei”.
Ci sono trattamenti più rischiosi per il contagio che non offrirete più? “Non faremo trattamenti viso. Non posso far togliere le mascherine alle clienti, non mi fido”. Quindi le dipendenti del centro estetico le terrai tutte. “Io assumerò. Qualcuno per le consegne online, per evitare le code d’estate fuori dal negozio. E anche le consulenze online vorrei continuarle”.
Parliamo di Brescia e di come hai vissuto non da imprenditrice, ma da cittadina. “È morto il papà del mio socio, il papà del mio direttore generale, sono morti genitori delle mie migliori amiche. La seconda metà di marzo è stata un inferno”. Hai mai avuto un crollo emotivo? “Io non volevo uscire senza mascherina e, quando scarseggiavano, non uscivo, per evitare di far vedere che le avevo. Qui a Brescia mi conoscono tutti, temevo di passare per ‘privilegiata’. Quando la mascherina è diventata obbligatoria, un giorno sono uscita col cane. Vivo in centro, ho attraversato le piazze principali nel silenzio, tra saracinesche abbassate e persone che parevano zombie. Ho iniziato a piangere singhiozzando. In casa tra lavoro e altro mi distraevo, fuori era uno scenario post atomico”. Hai avuto paura? “Misuravo la febbre e l’ossigenazione del sangue tutti i giorni. Mia madre ha 77 anni e problemi respiratori, l’ho barricata in casa con la badante per due mesi. Ho strapagato questa povera badante per non uscire da quella casa, quasi un sequestro di persona”.
Dopo la quarantena siamo tutti ingrassati e rammolliti, i centri estetici si riempiranno, lo sai? “Sì, ma fammi dire una cosa: a te pare normale che in questo Paese il più grande tema di discussione, mentre moriva la gente e mentre non c’erano neanche i termoscanner per i medici, fosse il runner e il suo diritto di correre?”.
Daniela Santanchè fotografata col cartello “Estetisti” per chiedere le riaperture ti rappresenta? “No. Io non sono per il “riapriamo a tutti i costi”. Magari in Molise. Dopo quello che ho visto qui al Nord, per dire “riapriamo”, senza vedere come si evolverà la situazione, “devi avere il doppio cachemire sullo stomaco, non il pelo”.