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 2020  maggio 06 Mercoledì calendario

Sarà l’estate dei viaggi in tenda

All’inizio fu il bivacco alla bella stella. Gli alpinisti si avvolgevano in rozze coperte di lana e attendevano l’alba al riparo di una roccia. Ma subito dopo, quando l’andare in montagna divenne un poco più popolare, arrivò la tenda. Uno strumento sinonimo di libertà, esplorazione, leggerezza. Oggi, con le limitazioni causa allarme coronavirus ovunque in alberghi, affittacamere e rifugi, non è strano torni in auge. Il problema resta però capire se la legislazione italiana e le autorità locali saranno abbastanza flessibili per accettare l’eventuale proliferazione di campeggiatori liberi in zone dove negli ultimi anni la loro presenza era stata vietata o comunque fortemente controllata. «Potremmo pensare di affiancare le tende individuali o per piccoli gruppi familiari alle strutture dei rifugi penalizzate dall’emergenza nelle camerate comuni per limitare i rischi del contagio», ci anticipava due settimane fa il presidente del Club alpino italiano (Cai), Vincenzo Torti. Una riflessione condivisa ormai da tanti amanti della natura in tutte le sue declinazioni, dalle coste mediterranee, ai laghi, alle vette; dai bivacchi estremi sui ghiacciai al campeggio nautico sulle spiagge. 
«La tenda sta diventando argomento di grande attenzione. Ci pensano le aziende che le producono, le riviste specializzate d’outdoor, ma soprattutto sono le generazioni più anziane memori delle lunghe vacanze in tenda tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso che vanno a cercare i vecchi teli della giovinezza dimenticati in soffitta», dice Marco Albino Ferrari, scrittore ed ex direttore del periodico Meridiani Montagne.
Le prossime vacanze saranno dunque all’insegna del campeggio in ogni forma e luogo? «Il numero di giugno della nostra rivista prevede inevitabilmente una riflessione sul ritorno alla tenda. Negli ultimi decenni si sono fatte leggerissime. Quelle da due, doppio telo, possono pesare attorno al chilo e mezzo, costare sui cento euro e isolare bene anche da acquazzoni e temperature rigide», conferma pure Luca Calzolari, direttore del mensile del Cai Montagne360. 
Le regole 
I bivacchi ad alta quota sono consentiti dal tramonto all’alba: poi però bisogna spostarsi 
Vai però a cercare di capire come gli amministratori del territorio italiano guardano alle tende e scopri che la libertà illimitata degli alpinisti dell’Ottocento è finita ormai da lungo tempo. Se nel 1865 Edward Whymper, lo scalatore britannico che per primo salì il Cervino, poteva disegnare e propagandare il suo modello in cotone pesante da 10 chili come soluzione ideale per tutti i camminatori delle Alpi, ai nostri giorni chi osasse imitarlo incorrerebbe sovente in multe salate. Già una quarantina d’anni fa, infatti, le leggi italiane vietavano il campeggio libero su larga parte delle coste e terre alte. «In quel periodo fu totalmente vietato trascorrere la notte in tenda o anche solo dormire sulle nostre spiagge. Capitava che i giovani lombardi e piemontesi venissero nelle discoteche liguri e poi la mattina dopo lasciassero sporco o si producessero in vandalismi gravi», spiegano dal Comune di Genova. Una scelta condivisa da molte amministrazioni locali, specie in Sardegna. 
Dal 31 marzo 1998 ogni decisione sul campeggio libero è delegata a Regioni, Province e Comuni. In montagna si tende a permettere i bivacchi in alta quota dal tramonto all’alba, ma non sullo stesso luogo per più giorni. L’indicazione generale dall’Appennino alle Dolomiti è di piantare i propri picchetti preferibilmente nelle aree autorizzate e attrezzate. In Valle D’Aosta si può bivaccare sopra i 2.500 metri, ma solo se ci si sposta la mattina dopo. I guardiaparco del Gran Paradiso danno multe a chi lascia la tenda montata durante il giorno anche in alto. «Eppure il ritorno alla tenda potrebbe portare a una svolta per scoprire vallate e zone stupende e sconosciute», aggiunge Ferrari. «Sarebbe salutare: lasciare i terreni noti serviti dai rifugi per tornare all’avventura solitaria».