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 2020  maggio 06 Mercoledì calendario

Le ricette di Trotula, ginecologa femminista nel Medioevo

Vuoi rinforzare i capelli? «Prendi una lucertola verde e, dopo averle mozzato testa e coda, cuocila in olio comune. Passa dunque questo balsamo sulla chioma che diventerà assai lucente». Desideri un corpo liscio e perfettamente depilato? «Utilizza calce viva e orpimento , mescola e spalma sulle membra». 
Consigli da mettere in pratica? Per niente. Ma da tenere in considerazione: non sono le stravaganti raccomandazioni di una fattucchiera d’altri tempi, bensì gli avvertimenti, in ambito igienico ed estetico, di Trotula, la prima ginecologa italiana ed europea, vissuta a Salerno nell’XI secolo e grande maestra di medicina. I suoi consigli di bellezza ci fanno capire il suo metodo di cura straordinariamente all’avanguardia, per cui il benessere psicofisico e la prevenzione delle malattie basata sulla pulizia personale vanno di pari passo con le terapie mediche. A Trotula si devono importanti scoperte nel campo dell’ostetricia: il suo manuale, il De mulierum passionibus ante in et post partum, con le indicazioni sulle varie tecniche per il parto, tradotto in olandese, ebraico, tedesco, è arrivato fino alla scienza contemporanea. Adesso la suggestiva storia di questa studiosa della sessualità e del corpo femminile, si potrebbe dire un’antesignana della «medicina di genere», è stata brillantemente ricostruita dal saggista Pietro Greco in Trotula, prima donna medico d’Europa (L’Asino d’oro edizioni).
Le nebbie avvolgono la sua vita, e pure il nome è incerto: Trotta o Trota o Trocta era nata quasi sicuramente intorno al 1030 nella facoltosa famiglia normanna dei De Ruggiero, studiò e insegnò presso la prestigiosa Scuola salernitana di medicina influenzata dalla tradizione greco-latina, araba ed ebraica. Il suo pensiero, affidato a libri come il De ornatu mulierum e la Practica secundum Trotam, si rivelò profondamente innovativo: per Trotula, uomini e donne sono dotati di una natura diversa ma complementare, al genere femminile appartiene una struttura corporea fredda e umida e a quello maschile calda e asciutta. Le due nature si combinano ai fini della procreazione, ma anche per mettere in atto «una qualche piacevole commistione». Proprio così: Trotula sostiene, con un’affermazione rivoluzionaria, che l’amplesso è diletto e piacere non solo per gli uomini ma anche per il gentil sesso. Quando quest’ultimo è costretto all’astinenza (come le vedove che hanno fatto voto di castità) la dottoressa elabora rimedi pratici come «cotone imbevuto di olio di muschio o di menta da applicare sulla vulva, perché questo è un buon calmante che placa sia il desiderio sia il dolore che deriva dal suo mancato soddisfacimento». 
I trattamenti, per la magistra della medicina, non devono mai essere invasivi: per questo offre una vasta gamma di lavande, lozioni, olii emollienti. Che propone anche per limitare le sofferenze del parto. E lo fa proprio in un’epoca in cui ogni tentativo di alleviare il dolore del travaglio è considerato un atto peccaminoso. Contro tutti i pregiudizi, è poi convinta che l’infertilità sia da attribuire non solo alle donne ma anche agli uomini. «Talora l’impedimento a concepire accade anche per responsabilità dell’uomo a causa di un seme troppo liquido, il quale, versato nella matrice , proprio a causa della sua liquidità, ne viene fuori». La sterilità non è una colpa divina bensì una patologia, ragion per cui Trotula elabora applicazioni di erbe per le fanciulle in difficoltà nell’aver figli («sia perché sono troppo smunte e magre, sia perché sono troppo grasse e la carne che circonda l’orifizio della matrice non consente al seme dell’uomo di entrare»). Spiega anche il ciclo mestruale in maniera anticonvenzionale: non come una manifestazione dell’impurezza congenita delle donne ma come produzione di «fiori», un sistema biologico di regolazione degli umori nel corpo femminile. Persino in occasione di qualche scappatella prematrimoniale protegge le altre donne e inventa un trucco (ai nostri occhi decisamente inquietante) per imbrogliare il coniuge la prima notte di nozze: «La sposa inserisca delle sanguisughe in vagina (ma si faccia attenzione a che non penetrino troppo in fondo) così che ne venga fuori del sangue e si trasformi in grumo. L’uomo sarà ingannato dall’effusione di sangue». 
Da dove nasce la vasta competenza di Trotula? Dalla sperimentazione pratica: ai medici maschi era proibito violare il corpo femminile mentre lei, a capo di un’équipe femminile, poteva mettere in atto l’osservazione empirica. Diventerà così l’ispiratrice della cultura medica popolare di mamme, infermiere, levatrici, trasformandosi nei secoli in un personaggio mitologico: come Madame Trot è citata nei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer. Nel Settecento, con l’avanzata di uno stuolo di camici bianchi maschili, la ginecologia, la riproduzione e la sessualità femminile diventeranno monopolio dei nuovi professionisti. Di Trotula si perderà la memoria. Sarà il movimento femminista a riscoprire a metà del secolo scorso questa pioniera della medicina fatta dalle donne per le donne.