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 2020  maggio 06 Mercoledì calendario

Come cambia la stagione dell’Arena di Verona

Sarà un’Arena di Verona d’emergenza, miniaturizzata: niente opere, solo concerti, con l’orchestra e il coro in platea, il pubblico sulle gradinate, distanziato e contingentato: tedesco più tedesco meno, tremila persone a sera. Ma, sia pure di taglia extrasmall, sarà l’Arena, viva e aperta anche nella cupa estate senza musica che ci toccherà. 
L’annuncio ieri, in una videoconferenza stampa con il solito contorno di mascherine, guanti e microfoni precari. Il cartellone sì bello e perduto di questo 2020 bisesto e funesto trasloca pari pari al ’21. Rimandata di un anno la nuova produzione di Cav & Pag con la regia di Gabriele Muccino, l’orgia zeffirelliana con le riprese di Aida, Traviata e Turandot, il divertente Nabucco risorgimentale di Bernard e tutto il contorno, il debutto del supertenore Jonas Kaufmann, la «Domingo Opera Night», il gala di Bolle. Tutto spostato di un anno, 43 serate dal 19 giugno al 4 settembre. Anzi, perfino con qualcosa di più, perché nel ’21 saranno i 150 anni del più areniano dei titoli, Aida, ma non potendo fare una nuova produzione perché ci sono da recuperare Mascagni e Leoncavallo secondo Muccino, l’anniversario sarà celebrato con due Aide speciali in concerto con cast «all star» ancora da annunciare (resta, fra parentesi, il problema di ogni nuova produzione, la quadratura del cerchio di uno spettacolo non troppo innovativo da non piacere ai tradizionalisti e non troppo tradizionale da non piacere agli innovatori, insomma il solito dilemma italiano...).
En attendant, godrò. Nel senso che un bel segnale è quello di non darla vinta alla pandemia e di portare comunque a casa quest’anno una stagioncina estiva, mentre i festival italiani sono tuttora in attesa delle decisioni governative e quasi tutti quelli stranieri hanno già gettato la spugna (ieri anche Glyndebourne), tranne Salisburgo. E allora a Verona è pronto un protocollo sanitario e di sicurezza da inviare alle competenti autorità, per essere pronti a riaprire se e quando scatterà il verde: limite massimo per dare l’ok, la fine di giugno. L’idea è quella di fare spettacolo nei fine settimana di agosto «e magari anche ai primi di settembre», come spera la tosta sovrintendente, l’ex primadonna Cecilia Gasdia. Sotto un titolo evocativo, Nel cuore della musica, si pensa a una serie di concertoni lirici con l’ostensione delle star che erano già sotto contratto. Fra chi ha già detto sì, Placido Domingo, Anna Netrebko, Yusif Eyvazov, Ezio Bosso, Vittorio Grigolo, Luca Salsi, Francesco Meli. Ma anche Nucci e Pertusi, Aronica e Sartori, la Oropesa e la Yoncheva, la Rebeka e la Pirozzi, insomma un gran bel cast.
Rivoluzionato l’assetto del venerabile anfiteatro: cantanti e orchestra saranno in platea, con il coro tutt’intorno su una specie di podio, e il pubblico solo sulle gradinate. Mascherina per tutti, tranne ovviamente che per coristi e fiati, garantita la distanza di un metro non solo dentro l’Arema ma anche negli arcovoli per entrarci. Tremila spettatori, si diceva: pochi intimi data che la capienza è oggi di 13.500, e con una percentuale di stranieri che sarà fatalmente più ridotta.
Resta il problema di un festival che, aspetto artistico a parte, per Verona vale un bel po’ di soldi: più o meno, 20 milioni al botteghino per la Fondazione Arena (per quest’estate erano già stati venduti 83 mila biglietti) e 500 milioni di indotto per la città. Il sindaco di destra, Federico Sboarina, ha sentito proprio ieri il ministro Franceschini, e anticipa che «un intervento del Governo è indispensabile». In realtà, è tutto lo spettacolo dal vivo che sta boccheggiando. I teatri d’opera saranno gli ultimi a riaprire ma forse anche i primi a morire. Il timore, molto diffuso, è che l’epidemia sia l’occasione tanto attesa dalla politica per chiuderne un po’.