la Repubblica, 6 maggio 2020
Biografia di Carlo Ludovico Ragghianti
Vi sono personalità nella storia del Novecento che è difficile rinserrare nella camicia di Nesso della specializzazione professionale. Una di queste è quella di Carlo Ludovico Ragghianti (Lucca 1910 – Firenze 1987) storico dell’arte tra i maggiori, ma anche antifascista militante, membro della Resistenza e attivo sulla scena politica del dopoguerra fino a ricoprire il ruolo di sottosegretario alle Belle Arti nel governo presieduto da Parri. Membro fondatore del Partito d’Azione, propose di scorporare le Belle Arti dal ministero della Pubblica istruzione. Obiettivo che si realizzò solo trent’anni più tardi. Di qui la rilevanza della biografia scritta da Emanuele Pellegrini, Storico dell’arte e uomo politico. Profilo biografico di Carlo Ludovico Ragghianti (Edizioni Ets, pagg. 234, euro 22) con una selezione dal Carteggio a cura di Elisa Bassetto.
L’autore dedica il primo capitolo agli anni della formazione e della dissidenza vissuti tra Lucca, Firenze e Roma. La Firenze di Montale fu per il giovane una boccata di aria pura: conobbe così l’opera di Joyce e di Proust e fu instradato verso la letteratura francese. Nel 1928 fu ammesso alla Scuola Normale di Pisa dove, approfondendo l’opera di Piero Gobetti, maturò il suo antifascismo, con una apertura verso il pensiero della tradizione risorgimentale di Mazzini e soprattutto il federalismo di Carlo Cattaneo. Tra Firenze e Pisa conobbe Giovanni Gentile, che lo sostenne in molte iniziative dalla collaborazione all’Enciclopedia Treccani alla fondazione della rivista Critica d’arte con Ranuccio Bianchi Bandinelli (1935): il titolo è un omaggio a Benedetto Croce, suo faro di riferimento sia per le formulazioni estetiche che per la scelta politica antifascista.
Nel ’31 Ragghianti venne espulso dalla Normale, l’anno seguente rifiutò il giramento al regime e si vide precluso l’accesso a ogni pubblico ufficio. Preclusa la carriera universitaria, gli restò la scuola di perfezionamento a Roma con la conoscenza di pittori come Mafai e Scipione e le recensioni alla Quadriennale. Per sopravvivere accettò il lavoro che gli procurarono Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi: revisionare le schede del Catalogo Generale per le opere d’arte. Nel 1942 finì in carcere una prima volta, perse il lavoro di “schedatore” e tornò in carcere nel maggio del ’43 per la sua attività di azionista. Con il 25 luglio e la caduta del regime fu rimesso in libertà.
Nel giugno del ’44 assunse il ruolo di presidente del Comitato di Liberazione in Toscana. In Profilo di Critica d’arte in Italia (1948) raccolse le sue riflessioni di metodologia storico- artistica. Condusse anche un’attività intensa come organizzatore di cultura e di studi: nel 1949 la mostra alla Strozzina della collezione di Peggy Guggenheim e nel 1951 la prima grande mostra in Italia di Frank Lloyd Wright, a cui seguirono quelle di Alvar Aalto e Le Corbusier. Nel 1948 realizzò il primo Critofilm sulla Deposizione di Raffaello con il cineasta Luciano Emmer: ne seguiranno altri fino all’ultimo su Michelangelo (1964) grazie al mecenatesco sostegno di Adriano Olivetti.
Questo straordinario industriale fu una manna per Ragghianti: sostenne le sue mostre e fu il braccio quando nacque seleArte (1952-1966), rivista di piccolo formato, illustrata a colori e aperta a ogni arte senza confini geografici. Nel 1962 pubblicò Mondrian e l’arte del Ventesimo secolo, tra i suoi contributi uno dei più importanti assieme agli studi sul Pollaiolo. L’alluvione di Firenze del 1967 lo vide in prima fila con l’amico urbanista Edoardo Detti. Pensava a Firenze come centro culturale dell’arte contemporanea: da questo proposito la mostra “Arte moderna in Italia 1915-1935” con 1600 opere. Le sue scelte furono chiare: Carrà, Morandi, il ridimensionamento di de Chirico ed esclusioni clamorose.
La stagione del postsessantotto fu per lui molto dolorosa come testimonia l’epistolario. Giustamente Emanuele Pellegrini scrive che su Ragghianti, la sua figura di uomo politico e di grande storico dell’arte, è caduta una damnatio memoriae. Basti solo pensare che la maggior parte delle sue opere pubblicate da grandi editori come Einaudi e altri siano da decenni scomparse dai cataloghi.