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 2020  maggio 06 Mercoledì calendario

Breve apologo su costo ed etica delle mascherine

La prima giornata di fase due l’abbiamo utilizzata per fare un esperimento, di cui rendiamo conto ai lettori qui. Oggetto del test sono mascherine e guanti monouso, i dispositivi di protezione individuale necessari a Milano per uscire e prendere mezzi pubblici. Per quanto riguarda le note metodologiche si sappia che la ricerca si è svolta in centro, in un raggio di cinque chilometri e sono stati sondati tre negozi di ferramenta, quattro supermercati e sei farmacie. Da marzo a oggi avevamo fatto una piccola scorta di mascherine per andare al supermercato: per la precisione erano del tipo chirurgico, quelle altruiste, in confezioni da cinque, vendute prima a 10 euro, nelle ultime due settimane a 8. Per avere il privilegio di acquistare a 2 euro una fascetta di garza che ante-virus costava più o meno 40 centesimi, ci siamo messi in fila. Per tre settimane si è potuta acquistare una sola confezione alla volta. Una decina di giorni fa sono arrivate anche le Fpp2, filtranti e dunque anche un po’ egoiste, al modico prezzo di 6,50 euro cadauna. Da lunedì però, stando almeno alle rassicurazioni del commissario straordinario Arcuri, le mascherine chirurgiche si sarebbero dovute poter acquistare a un prezzo calmierato, cioè 50 centesimi. Noi siamo stati sfortunati: non le abbiamo trovate. In due farmacie nemmeno c’è stato bisogno di entrare: un apposito cartello avvisava che a 50 centesimi le mascherine non erano disponibili. Vade retro. All’ultima farmacia, la più grande, abbiamo chiesto anche i guanti monouso. Non c’erano, ma forse sarebbero arrivati il giorno dopo. Pia illusione: anche ieri niente guanti. Si trattava comunque di monouso da dentista in lattice verde e il costo si aggirava tra i 12 e i 15 euro. Però, precisazione d’obbligo, avevano all’interno l’aloe vera per non rovinare le pelle. Di mascherine a 50 centesimi nemmeno l’ombra, in compenso erano arrivate fresche fresche le monouso in versione deluxe: lavabili e riutilizzabili molte volte, per la modica cifra di 12,90 euro cadauna. Prima del lockdown i guanti (senza aloe, né vera né finta va detto) costavano 2,90 euro. Ma al supermercato (nei quattro visitati) da settimane non ce n’è ombra. Gli ultimi li abbiamo acquistati in una farmacia, dopo Pasqua, al prezzo di 15 euro (senza aloe). Il farmacista, consegnando lo scontrino da dietro il plexiglass, aveva detto imbarazzato: “Mi vergogno a venderli a questo prezzo”.
L’esperimento è finito. La buona notizia è che, rispetto alle prime settimane, almeno le mascherine si trovano (i guanti, come detto, no). Quella molto brutta è che in un momento di gravissima difficoltà economica – in cui le persone si mettono in fila davanti al monte di pietà per impegnare la fede come durante una guerra – siano sempre i più poveri a essere messi in pericolo. Perché è chiaro che con poco denaro a disposizione si sceglie di mangiare e non di spendere 15 euro per i guanti o 10 per una confezione di cinque mascherine. È una questione etica: può lo Stato consentire a questo strozzinaggio? Secondo noi no, specie se quello della mascherina è un obbligo imposto. Nella prima fase dell’emergenza alcuni economisti sostenevano che i prezzi, già stratosferici delle mascherine, fossero aumentati correttamente: così le avrebbero comprate solo quelli che ne avevano bisogno. Era una fesseria, evidentemente, visto che subito dopo è diventata chiara la funzione “sociale” della mascherina. L’idea è che il mercato è intelligente e fa il prezzo giusto. Quando c’è di mezzo la salute pubblica i mercanti dovrebbero levarsi dal tempio. Ma soprattutto: questa crisi ha denudato molti re, idolatrati dai più. Il mercato è uno di questi. Il modello non funziona più: se non viene corretto, e in fretta, andrà in crash.