ItaliaOggi, 6 maggio 2020
Mascherine, si fa viva l’India
Le mascherine sono già una commodity di largo consumo, riconosciuta universalmente ma non quotata in alcuna borsa ufficiale. Un bene di prima necessità, oggetto di pianificazioni e stoccaggio da parte delle autorità politiche e sanitarie in tutti i continenti.
Vista l’importanza di questo mercato, molti avevano richiesto l’istituzione di un’autorità mondiale con funzioni di arbitro. E qualcuno suggeriva come garante l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma nessun arbitraggio è stato attivato. Oms non pervenuta.
Economicamente, il business è rilevante. Il fatturato mondiale per questo tipo di dispositivo è balzato, in pochi mesi, da 1,5 miliardi di euro ai 30 miliardi, con un moltiplicatore di crescita di 20 volte. La novità, in questo nuovo stock-market, non è l’egemonia della Cina, produttore organizzato e consolidato anche dei macchinari per produrre 3ply. Bensì l’India, che può veramente essere il nuovo polmone di ossigeno per risolvere il problema mondiale delle mascherine chirurgiche basilari necessarie per la gestione Covid-19.
La Cina è l’impero della mascherina, ma la sua apicalità è politica, dato che per quasi un anno le mascherine erano l’emblema dei giovani dissidenti di Hong Kong, che le usavano per celare le loro identità alla polizia. Poi nel 2020 la catastrofe sanitaria ha cambiato i piani. E in pochi mesi la Cina ne ha invece aumentato la produzione, passando da una capacità manifatturiera di 3 miliardi l’anno di mascherine monouso a una capacità che va dai 30 ai 50 miliardi.
Si stima che il fabbisogno mondiale annuale sarà di almeno 200 miliardi di mascherine 3ply, e di 20 miliardi di mascherine professionali FFP2 e FFP3. Calcolo basato sul presupposto che almeno 2 miliardi degli oltre 7 miliardi di abitanti del pianeta abbiano bisogno mediamente di due mascherine 3ply la settimana.
Quindi poiché non basta la Cina, che copre oggi la metà della domanda, nel mercato si è affacciata anche l’India, secondo produttore mondiale, il cui governo ha finalmente tolto il divieto di esportazione di mascherine e altri dispositivi di protezione individuale. Serve l’India non solo per la sua capacità produttiva, ma anche perché culturalmente e politicamente è un paese più elastico verso l’Occidente. Con l’India si può tentare di ovviare alle lentezze e agli ostacoli sperimentati nell’approvvigionamento in Cina, dove ci sono problemi con fornitori e autorità per la verifica di qualità e certificazioni e per i rigidi termini di pagamento (i cinesi spesso chiedono oltre il 50% di pagamento anticipato, senza che si possa sempre controllare prima se la merce è in linea con gli standard richiesti).