La Stampa, 5 maggio 2020
L’amore scatenato da una pillola
Prendereste un farmaco per innamorarvi più profondamente o riavvicinarvi al vostro partner quando la relazione si è incrinata? O una pillola per dimenticare chi ancora amate nel momento dell’addio?
Le molecole per alterare il nostro stato mentale rispetto all’amore, ai rapporti di coppia e alla vita sessuale sono già realtà o quasi, spiegano Brian Earp e Julian Savulescu dell’Università di Oxford. Nel libro «Love is a drug» si chiedono se la società sia pronta al futuro chimico dei sentimenti e se sia tempo di creare una nuova categoria di molecole, diverse sia dai farmaci tradizionali sia dalle droghe illegali: una terza classe di principi attivi in grado di modificare la neurochimica di ciò che proviamo nel nostro intimo.
«Molte pillole dell’amore esistono già - scrivono - e altre saranno sviluppate in futuro. Non possiamo continuare a fare spallucce e dire che l’amore è semplicemente una cosa che ci accade - sostiene Earp -. Esistono già processi per controllare il destino delle nostre vite romantiche».
Oggi conosciamo sostanze in grado di modificare la nostra espansività verso gli altri: un esempio è il principio attivo dell’ecstasy: la metilenediossimetanfetamina - o Mdma - è stata studiata in animali normalmente solitari come i polpi in una ricerca pubblicata sulla rivista «Current Biology» e condotta da Gul Dolen della Johns Hopkins University School of Medicine in Maryland. Il polpo, di norma, non si avvicina ai suoi simili, se non per pochissimi minuti durante la riproduzione. Trattando invece alcuni polpi con l’ecstasy, gli animali iniziano ad «abbracciarsi» e diventano sociali e meno aggressivi.
Intanto continuano gli studi sull’allucinogeno psilocibina - il principio attivo dei «funghi magici» - su pazienti con disturbi da stress post-traumatico e con problemi relazionali o difficoltà a stringere legami affettivi: data sotto strettissimo controllo medico insieme con altri farmaci, la psilocibina aiuta queste persone a ritrovare un equilibrio nella vita di coppia. Spesso - sottolineano Earp e Savulescu - eventi traumatici vissuti nella coppia possono innescare un crescendo di silenzi reciproci, mettendo in atto meccanismi di difesa e chiusura, che possono compromettere definitivamente il rapporto, ed è a questo punto che entra in scena il farmaco: opportunamente somministrato, può allentare le tensioni, aiutando i partner a ritrovare confidenza e intimità.
C’è poi l’ossitocina, un ormone naturale prodotto dall’ipotalamo durante gravidanza e allattamento: è importante non solo per rinsaldare il legame madre-figlio, ma anche nella vita di coppia. Gli studi sull’ossitocina sotto forma di spray nasale sono ormai tanti, anche se - sottolineano Earp e Savulescu - ancora con risultati non definitivi. E ci sono numerosi farmaci convenzionali in uso per diverse indicazioni mediche (come gli antidepressivi) con effetti, almeno in parte dimostrati, sulla neurochimica dell’amore.
Ma non esistono solo sostanze che «potenziano» la relazione amorosa, sottolineano Earp e Savulescu. Ci sono anche «farmaci anti-amore», che potrebbero a loro volta trovare un uso clinico (se accettate da un punto di vista etico): per esempio per controllare i disturbi del comportamento sessuale o anche dipendenze dal sesso come l’ossessione per la pornografia. E questi prodotti potrebbero anche essere usati nella coppia per tenere a bada la gelosia patologica o, ancora, per porre fine a relazioni d’abuso o con un partner violento.
Alla base di tutto, comunque, non c’è quella di esercitare un cinico controllo sulla relazione amorosa - concludono Earp e Savulescu - e nemmeno di creare delle sostanze che, come il folletto shakespeariano «Puck» in «Sogno di una notte di mezza estate», facciano innamorare a prima vista due individui che si odiano oppure due perfetti sconosciuti, magari caratterialmente incompatibili e che, finito l’effetto del farmaco, prenderebbero ad detestarsi. L’obiettivo è ottenere molecole in grado di risollevare le sorti di una storia d’amore degna di essere salvata.