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 2020  maggio 05 Martedì calendario

Intervista a Ficarra e Picone

Nel 2018 Valentino Picone e Salvo Ficarra non vollero presentare L’ora legale ai David di Donatello. Venerdì, in diretta su Rai 1, partecipano all’edizione 2020 da vincitori: a Il primo Natale è andato il premio "David dello spettatore" come film più visto dal pubblico (ora disponibile su varie piattaforme). «Il nostro, due anni fa, fu un gesto di protesta verso una giuria che ci sembrava fin troppo variegata», spiega Ficarra. «La nostra sarà stata una mollichina nel processo, ma siamo contenti di aver contribuito al cambiamento» aggiunge Picone, riferendosi alla riforma e all’ampliamento della giuria operata dalla presidente Piera Detassis.
Ficarra: «Ci piace l’idea che si ragioni in spettatori e non in incassi, ci pare di vedere le facce delle persone sedute in sala: i 2 milioni e 363 mila ‘giurati’ che hanno votato per noi e ci hanno assegnato questo premio di tradizione antica. E speriamo la commedia trovi sempre più spazio nella mente di chi mette la crocetta».
A chi dedicherete il premio?
Picone: «Agli artisti con cui abbiamo lavorato, a partire dallo scenografo Francesco Frigeri, al direttore della fotografia Daniele Ciprì e alla costumista Cristina Francioni».
Ficarra: «Oggi un film così è impensabile, per la pandemia. Ma anche nel 2019 girarlo è stata una scommessa come se ne vedono poche, nel cinema italiano».
Vi state preparando per la cerimonia televisiva?
Ficarra: «Appariremo in un collegamento. Non sarà un bel vedere anche se per fortuna ho trovato in casa un macchinetta per tagliare i capelli».
Picone: «Io finora ho evitato le videochiamate, anche perché ho lo stesso barbiere di Mattarella: non ha potuto tagliare i capelli a lui, figuriamoci a me. Il fuorionda sui capelli del presidente è stata una delle cose più belle e umane che abbiamo visto in queste settimane».
 Ficarra: «Ho tremato al pensiero che si lasciasse andare a qualche commento personale. Quello col barbiere per noi siciliani è un rapporto profondo, si può divorziare dalla moglie, ma dal barbiere no. È un confidente più del medico, del prete, di un’amante…».
In "Il primo Natale" c’è un prete che all’inizio si concentra sul presepe-spettacolo e pensa che dire messa sia l’unico modo per cambiare il mondo.
Picone: «Sì, il mio personaggio poi capisce che invece il mondo lo cambi se agisci, se ti metti al servizio degli altri. Questo nostro film è nato quando Papa Francesco ha detto che i primi profughi sono stati Maria e Giuseppe che fuggivano da Erode. Il mio prete oggi direbbe che non è necessario pregare in chiesa, si può farlo ovunque. Rispettare le regole che salvano vite è il modo migliore di pregare».
Ficarra: «È la tua prima intervista da prete…Voglio ricordare che il film lo abbiamo fatto perché c’erano personaggi politici che strumentalizzavano il crocefisso, poi siamo passati ad altri "oggetti di scena", la mascherina da medico, gli occhiali da intellettuale. All’inizio dell’epidemia ero preoccupato, poi leggendo i social mi sono rassicurato: ci sono trenta milioni di connazionali virologi, presidenti del consiglio, economisti…».
Sui social siete attivi e prendete posizione.
Picone: «Ci permettiamo di essere noi stessi, il pubblico ci conosce da tempo. Ci sono cose che, al di là dell’appartenenza politica, non vanno messe in discussione: la Costituzione, l’uguaglianza, l’accoglienza, i diritti umani. Rispondiamo ai fan, nascono delle discussioni, va bene così».
In "L’ora legale" parlavate dell’allergia degli italiani alle regole, in "Andiamo a quel paese" del valore, non solo economico, degli anziani.
Picone: « L’ora legale affrontava il tema del rispetto delle regole con cui ci troviamo a fare i conti ora, con la riapertura: si tratta di un banco di prova importante. E, speriamo, di un cambio di mentalità: chi non paga le tasse non è un furbo ma qualcuno che sottrae fondi agli ospedali e ai medici».
Ficarra: «In Andiamo a quel paese eravamo due disoccupati che lasciavano Palermo e tornavano nel paesino d’origine per campare con le pensioni degli anziani che si prendevano in casa. Ma gli anziani nel corso della storia si trasformavano da risorsa economica a risorsa morale e storica. Ci abbiamo pensato spesso quando durante l’epidemia, sembrava che perdere i vecchi fosse una cosa accettabile. Ma, come diceva Pino Caruso, "attenzione a parlare di vecchi, per farne uno ci vuole una vita"».
Picone: «L’ultima dedica del premio vogliamo farla a Pino, il nostro maestro, scomparso mentre eravamo a lavorare in Marocco. Aveva ottant’anni e la modernità di un ventenne. Il consiglio più importante è stato "evitate le banalità"».
Era pronta la tournée per festeggiare il sodalizio. Su Twitter avete scritto: "Felicemente insieme da 25 anni. Il nostro segreto è la totale disistima reciproca".
Picone: «Confermiamo».
Ficarra: «Ma se in questi giorni volevi venire a vivere a casa mia...».
Picone: «È vero, mi è mancato. Pensavo di aver sconfitto il demone, ma eccoci ancora qui».