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 2020  maggio 05 Martedì calendario

Il fantasma della regressione

Sono preoccupato per Christophe. Il padre-padrone di Lechevalier, piccola enoteca a pochi minuti da London Bridge, ha risposto alla pandemia con verve e ottimismo tipicamente francesi. Negozio aperto come al solito, consegne di pane, vini e salumi (ha la finocchiona più buona di Londra) organizzate in pochi giorni, un profilo su Instagram che aggiorna sui prodotti freschi, la vita di quartiere e le ultime riflessioni filosofiche di Christophe. Ma non so se ce la farà. Non è solo il lockdown, che in Gran Bretagna dura da più di un mese e che ha distrutto circa il 90% delle entrate di negozi come Lechevalier. Ma è il d.c. – il dopo coronavirus – che fa paura.
Imprenditori, governi e investitori sanno tutti cosa fare durante una recessione “tradizionale”, tuttavia il Covid 19 porterà ad una vera e propria regressione dell’economia mondiale. È la differenza tra camminare in collina e cadere in un baratro. Certe attività produttive non toccheranno livelli “normali” per un lungo periodo, forse mai più.
Il capo della Boeing, Dave Calhoun, che di solito è un inveterato ottimista, ha detto che ci vorranno almeno due anni per un ritorno del traffico aereo ai livelli del 2019. Tre su quattro ristoranti nel Regno Unito hanno ammesso che chiuderanno per sempre se costretti a mettere i tavoli a due metri di distanza. E Sir Cameron Mackintosh, l’impresario che ha creato Cats, ha già anticipato che i teatri non rialzeranno il sipario prima del 2021.
Sono buchi neri economici che sarà difficile rimpiazzare. E i dati lo confermano. Secondo un’analisi di Goldman Sachs, una quarantena “dura”, stile-Italia, cancella circa il 25% del prodotto interno lordo di una nazione. Approcci più morbidi, o meno lunghi come in Corea o Cina, portano a cali del 10 per cento. Per darvi un’ idea, una flessione del 10% nell’ economia Usa sarebbe la peggiore recessione dai tempi della seconda guerra mondiale. La regressione economica, però, avviene dopo la recessione. Invece della solita “araba fenice” – un Pil che rinasce dalla proprie ceneri, un ciclo congiunturale che si riprende – l’economia del d.c. sarà maculata: chiazze di crescita e aree di completa inattività. Studi americani dicono che se il governo impone la “distanza di sicurezza” di uno o due metri, il 10% del Pil scomparirà (pensate a parrucchieri, centri benessere, concerti, stadi e via dicendo).
Con la disoccupazione in salita – e le diseguaglianze socio-economiche sempre più in rilievo – sarà dura persuadere i consumatori a mettere mano al portafogli. La paura farà il resto, almeno fino a quando il Covid 19 rimane un virus incurabile e letale. Più del 60% dei britannici ha confessato di non avere il coraggio di andare al ristorante o al pub – una statistica incredibile per questa nazione di bevitori. E un americano su tre ha detto che «ci vorranno mesi» per ritrovare la forza di andare in ufficio, secondo un sondaggio dell’ Economist.
Un’economia in regressione non è tabula rasa e gli sprazzi di crescita già si vedono: i numeri sensazionali dei nuovi abbonati di Netflix, i miliardi di beni venduti e spediti da Amazon, l’ascesa di nuove potenze come Zoom, la regina delle video-conferenze. Ma basteranno a colmare il vuoto lasciato da Boeing e milioni di piccole imprese? L’esperienza cinese direbbe di no. L’economia del Dragone, che è entrata e uscita dal virus prima di ogni altra, ha chiuso il primo trimestre sotto del 7%, la prima contrazione da almeno 28 anni. Le spese discrezionali sono state colpite ancora più duramente. I numeri cinesi vanno intepretati con cautela, ma le vendite di birra a metà aprile erano calate di circa il 40% sull’anno prima, mentre solo un terzo delle camere alberghiere erano occupate.
La risposta di governi e banche centrali è già iniziata: aiuti massicci, soprattutto ai piccoli imprenditori, tassi d’interesse bassissimi e promesse di fare di tutto e di più se serve altro. Ha funzionato durante la crisi finanziaria del 2008 e si spera funzionerà durante questa triplice crisi: medica, economica e sociale. Perché la vita senza tutti gli Lechevalier del mondo sarebbe molto più povera. In tutti i sensi.