Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 05 Martedì calendario

La fase 2 di Maranello

MARANELLO — Piero arriva con la tuta rossa, un po’ per orgoglio aziendale un po’ perché «in questo periodo è meglio cambiarsi a casa che negli spogliatoi». Ha 35 anni, vive a Formigine, pochi chilometri dalla fabbrica. Paura di tornare al lavoro? «Dopo sette settimane di blocco in casa non vedevo l’ora». E il virus? «Se sei professionale e ti organizzi bene, si può sconfiggere».
Alla Ferrari la battaglia contro l’epidemia «è come un Gran Premio». Dice così Michele Antoniazzi, responsabile del personale, uno dei membri della task force che ha organizzato “Back to track”, il programma di ripresa in sicurezza dell’attività lavorativa. «Con il virus bisogna giocare d’anticipo. Prevedere quel che accadrà tra due mesi. Noi, in un certo senso siamo stati fortunati. A fine gennaio i colleghi che arrivavano dalla sede cinese di Shanghai ci raccontavano di città bloccate, di fabbriche ferme. Ci siamo detti: che cosa facciamo se arriva qui?».
All’ingresso di via Abetone, l’entrata storica, prima dei tornelli c’è un tappetino nero. Anzi, “il” tappetino: «Chiamano dalle altre aziende della zona per conoscere il fornitore», dice divertito Vincenzo Regazzoni, responsabile della produzione di Maranello. Il tappetino magico «sanifica le suole delle tue scarpe» come promette un cartello giallo con il logo del cavallino. Il gel sanificante viene spalmato ogni due ore per rendere sicuro il risultato. È solo una delle chicche della via di Ferrari alla Fase 2. L’altra è certamente il gancio di plastica sulle maniglie delle porte: per aprirle con il gomito e non con la mano.
Non sono questi gli interventi più costosi di Back to Track. Al Cavallino non dicono quanto è costato bloccare la produzione per sette settimane pagando i dipendenti come se lavorassero, senza ricorso alla cassa integrazione. O quanto costerà il programma di controllo sanitario: «La scorsa settimana – racconta Antoniazzi – abbiamo fatto i primi 2.300 test sierologici. Per tutti coloro che da oggi dovevano tornare in fabbrica. Poi passeremo ai familiari». In quello che normalmente è l’ambulatorio della “Formula benessere”, la zona dedicata al check-up completo dei dipendenti, ci sono 5 sale per il prelievo del sangue. Chi risulta aver sviluppato l’immunità viene sottoposto a tampone. «Faremo questi test ogni 4-6 settimane per verificare che non si diffonda il virus. Lo faremo ai dipendenti, ai loro familiari e proporremo di farlo anche agli abitanti dei comuni vicini a Maranello», promettono in Ferrari.
La filosofia è: fabbrica immune in territorio immune. «Un’aspirazione – precisa prudente Antoniazzi – non siamo presuntuosi». Il welfare della Rossa prevede che chi risultasse positivo e non potesse tornare a casa perché ha parenti anziani, possa vivere la quarantena in un alloggio messo a disposizione dall’azienda.
Non sono questi i terreni su cui possono competere le altre aziende italiane. Le caratteristiche del welfare Ferrari sono note da tempo e si spiegano anche con la ricchezza dell’azienda. Ieri, annunciando i risultati del primo trimestre 2020, solo in parte toccato dalla crisi del coronavirus, l’amministratore delegato di Maranello, Louis Camilleri, ha spiegato che la pandemia avrà effetti sui conti del 2020 soprattutto perché si ridurranno molto gli introiti legati alla Formula 1: non solo gare ma anche merchandising e turisti. Questo non impedirà al Cavallino di «presentare due nuovi modelli entro l’anno» e di «ridurre le previsioni sull’utile netto da 1 miliardo a 600-800 milioni di euro». Un colpo negativo che molti imprenditori italiani sarebbero disposti ad accettare. Così la Borsa ha apprezzato. A fine giornata il titolo è salito dell’1,46 per cento.
Davanti all’ingresso di strada dell’Abetone entrano ragazzi giovani esperti di bielle e pistoni più che di finanza. Arrivano a scaglioni per evitare assembramenti, tra le 7.45 e le 8.15. Avete più paura o più voglia di ricominciare? Nel piccolo referendum sul marciapiede vincono coloro che hanno voglia di tornare. Ferrari dà una certa sicurezza, non solo alla Borsa. Ma ci sono anche molti “50 e 50”. Il virus fa paura.
In mensa i tavoli da sei sono divisi con il plexiglass e l’azienda incentiva a mangiare all’esterno offrendo il pranzo in un sacchetto di carta. Ma comunque si riparte. Per prima torna a produrre la linea della Monza: un’auto al giorno, ciclo lavorativo di un’ora per addetto, 1,6 milioni di euro il prezzo base. Alle 9,30 in portineria si presenta Michela, 32 anni, di Sassuolo, dieci chilometri più in là. Si rivolge alla reception: «Buongiorno mi avete mandato la mail, è il mio primo giorno di lavoro». Biro sanificata per firmare i documenti. «Aspettavo che finisse il lockdown per cominciare a lavorare qui. Mi sono laureata in economia a Bologna. Poi sono andata in banca. E adesso comincio una nuova vita lavorativa. Il giorno giusto no?».