il Fatto Quotidiano, 4 maggio 2020
La classe di Klopp ai tempi dei Lotito
Se c’è una squadra al mondo che in caso di stop definitivo del campionato avrebbe il diritto di urlare all’ingiustizia, questa è il Liverpool; che al momento del blocco era al comando della Premier League a + 25 sul Manchester City, il tutto a nove giornate dalla fine, che corrispondono a un massimo di 27 punti conquistabili; il che significa che con una sola vittoria il Liverpool si sarebbe laureato campione dopo 30 anni d’attesa. E sì, avete capito bene; l’ultimo trionfo dei Reds si perde nella notte dei tempi, stagione ’89-’90, quando il campionato si chiamava ancora Football League, la squadra era allenata da Kenny Dalglish e Ian Rush, rientrato all’ovile dopo la fallimentare esperienza alla Juventus ’87-’88, alla soglia dei 30 anni si era riscoperto cannoniere di razza: i suoi 18 gol sommati ai 22 dell’immenso trequartista John Barnes, che andò a un passo dal soffiare il titolo di capocannoniere a Lineker del Tottenham, posero il suggello a una stagione strepitosa nobilitata da una difesa di ferro, la meno battuta del torneo, composta da Grobbelar, dall’ex viola Hysen, Ablett e Hansen.
Trent’anni esatti sono passati da allora. E nonostante il Liverpool non abbia mai smesso di giganteggiare in Europa (due Champions vinte contro Milan e Tottenham, due perse contro Milan e Real Madrid), il titolo in patria è diventato una chimera; irraggiungibile anche quando sembrava al sicuro in cassaforte, come nel 2013-’14, quando Steven Gerrard inciampò sul pallone nel finale di Liverpool-Chelsea provocando l’inizio della fine.
Il titolo prese la strada di Manchester, sponda City, che sentitamente ringraziò. Oggi il sortilegio sembra continuare. Il Liverpool di Klopp, 27 partite vinte su 29, al quale bastavano 3 punti per tagliare il traguardo, rischia di vedersi cancellare sia il titolo sia la strabiliante cavalcata. E mentre in Italia ci sono Lotito che pesta i piedi per giocare sentendo odore di scudetto, la Juve che fa l’indiana avendo avuto tre giocatori contagiati, Cairo e Ferrero che pregano affinchè il Big Ben dica stop e non li faccia rotolare in serie B, a Liverpool c’è un uomo che risponde al nome di Jurgen Klopp. Che invece di disperarsi per la colossale beffa che potrebbe abbattersi sulla sua squadra, sente il dovere di prendere carta e penna e scrivere ai tifosi.
“Non penso – dice – che questo sia un momento in cui i pensieri di un allenatore di calcio dovrebbero essere importanti, ma capisco che i nostri tifosi vogliano sentirmi parlare e dunque lo farò. Ho già detto che il calcio è la cosa più importante di quelle meno importanti; ma dico che oggi le partite e il calcio stesso non sono importanti affatto. Ovviamente non vogliamo che tutto venga sospeso, ma se questo serve per salvaguardare la salute di tutti, lo facciamo senza fare domande. Se dobbiamo prendere una decisione tra il calcio e il bene della comunità, non può esserci gara. Abbiamo visto ammalarsi giocatori delle squadre contro cui dobbiamo competere. Ai nostri rivali, colpiti da questo virus, rivolgiamo i nostri pensieri e le nostre preghiere. Nessuno di noi sa come andrà a finire. Ma voi mettete la salute al primo posto. Non correte alcun rischio. Pensate a chi è vulnerabile e agite con compassione nei suoi confronti. Per favore, prendetevi cura di voi e degli altri. You’ll never walk alone”. Firmato: Jurgen Klopp.