il Fatto Quotidiano, 4 maggio 2020
Konrad, elemosiniere del Papa: Aiuto tutti, non giudico
Il primo maggio il cardinale Konrad Krajewski è andato a Ostia Lido. Al posto di blocco l’hanno trattenuto quasi per un’ora. Era un giorno di festa, il mare era già vicino. Don Corrado, così si fa chiamare, non indossava la porpora né lo zucchetto, guidava un furgoncino con un carico di alimenti. Agli agenti ha mostrato la targa vaticana, il passaporto diplomatico, un foglio ormai stropicciato con l’autocertificazione: aiuto ai poveri.
Elemosiniere apostolico è il mestiere di don Corrado. Secondo l’ultima riforma costituzionale, la “Pastor Bonus” promulgata trent’anni fa da Giovanni Paolo II, l’elemosiniere fa carità nel nome del Santo Padre.
Il 3 agosto 2013, alle fondamenta del pontificato, Francesco assegnò il compito al polacco Konrad, classe ’63, un sacerdote che prestava servizio all’ufficio per le celebrazioni liturgiche, poi in settembre fu consacrato arcivescovo e, due anni fa, elevato a cardinale. Rango mai raggiunto da un elemosiniere in oltre otto secoli di storia: “Il Papa mi ha affidato una missione precisa: dare conforto ai più deboli. E la mia missione è assolta quando il conto in banca e la riserva in magazzino sono vuoti. Il Vangelo mi porta da chiunque chiami senza giudicare nessuno”, dice di sé don Corrado, che esercita l’incarico con spontanea veemenza.
Ciò lo porta a suscitare sentimenti opposti, fra chi lo venera come intrepido salvatore degli ultimi e chi lo biasima per i comportamenti eccentrici. Fino alla settimana scorsa era il cardinale che si calò in un pozzetto di un palazzo occupato per riallacciare l’energia elettrica e divenne gustosa preda mediatica dell’allora ministro Matteo Salvini, adesso è il pupillo di Jorge Mario Bergoglio che “finanzia” le prostitute transessuali del litorale laziale in disgrazia perché a secco di clienti con la pandemia.
Il cardinale Krajeswski, però, non è un personaggio letterario che a volte compie azioni spettacolari per sfidare la legge. È il capo – il più visibile, certo – di una struttura legata al pontefice, estranea al governo curiale, una sorta di pronto soccorso per chi ha bisogno: fornisce pasti, docce, vestiti ai senzatetto, denaro per affitti alle famiglie, paga gli studi ai ragazzi, accoglie chi ha freddo.
L’Elemosineria gestisce un flusso di segnalazioni che dai sacerdoti passa ai vescovi e dai vescovi arriva ai collaboratori di Krajeswski. Per il tramite di don Corrado, invece, Francesco ha inviato respiratori ospedalieri in Romania, a Napoli, a Padova, a Lecce, a Locri. Per il cardinale – e il concetto vale anche per Francesco – la carità non sussiste con i limiti. Va concessa a tutti: “Il Vangelo non fa distinzioni. Io rispondo sempre, non misuro la fede, non punisco i peccatori, non premio i veri cattolici”.
La pandemia ha allargato la voragine dei poveri, chi era ai bordi ci è caduto dentro: lavori precari, lavori in nero. Ogni sera don Corrado consegna trecento pacchi di viveri alla comunità di Sant’Egidio per chi si rivolge alla parrocchia romana di Santa Maria in Trastevere: “È gente che ha una casa, ma niente in frigo. Non sappiamo chi sono, soltanto che hanno lo stomaco da riempire”. L’Elemosineria ha donato più di 4 milioni di euro l’anno scorso. In gran parte i soldi sono ricavati dalla vendita nel mondo delle pergamene con la benedizione apostolica.
Francesco intende ampliare l’attività dell’Elemosineria. La riforma del “Pastor Bonus”, che sarà il lascito alla Curia di Bergoglio, prevede la nascita di un dicastero per la povertà e, di conseguenza, maggiori risorse. Più capitali da spendere, sottratti ad altri e ricollocati su indicazione del sommo pontefice. Il ministro, è scontato, sarà don Corrado.
Questo scenario in Vaticano sollecita le consuete guerriglie per il potere. Non stupisce che il cardinale polacco sia inviso agli oppositori di Francesco. E lui, don Corrado, se ne infischia. Si ritiene dalla parte giusta della Chiesa. “Il tempo dell’oro appeso agli abiti talari è finito”, pare che ripeta spesso, però sottovoce.