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 2020  maggio 04 Lunedì calendario

Intervista a Gianfranco Zola

«Mi diffidano dal passare in cucina. Ho cucinato pizza, cornetti, gnocchetti al sugo di salsiccia. Mica male, ma mi hanno bocciato». Interno giorno in casa Zola. Ken Follett sul comodino, Oasis e Tazenda per sottofondo, La casa di carta , il tennis e il golf in tv. Il rifugio forzato in cui il baronetto vive isolato nella sua terra, in attesa di finire questo anno sabbatico e tornare al suo lavoro in panchina. «A Londra, in cui ho vissuto fino a marzo, la situazione precipitava, sono partiti tardi nelle misure antipandemia. In quarantena abbiamo vissuto a Puntaldia, a venticinque chilometri da Olbia. Un bene perché non sono mai stato così accanto a mia moglie Franca e ai miei figli Andrea, Martina e Samuele. Però, siamo preoccupati per gli amici, per i contagiati e per le loro famiglie. Manteniamo alta la guardia e ne usciremo definitivamente da questo virus ».
Gianfranco Zola, che gli inglesi chiamavano “Magic Box” per la sua classe e il comportamento in campo, il 10 che con il Chelsea ha griffato un calcio fatto di fantasia e talento prima che arrivassero gli investimenti di Abramovich, in queste settimane ha scandito il ritornello di tanti italiani («Dobbiamo fare squadra. Anche se in molte località sarde non ci sono malati, dobbiamo stare in casa»). Campione di livello internazionale, da sempre è identificato con le sue radici in Sardegna: «Ovunque mi hanno chiesto di Grazia Deledda, e questo mi inorgogliva. Il carattere e la forza di volontà tipici dei miei luoghi mi hanno aiutato a non darmi mai per vinto e a venir fuori da momenti difficili».
Quali momenti, Zola?
«L’addio al Parma, con l’incognita del trasloco in Inghilterra, la Nazionale, le panchine al Cagliari e al Birmingham City. Certo, penso anche alle tante persone che devono ritrovare il lavoro, la scuola, il tempo libero. A chi soffre».
Europei, Olimpiadi, campionati rinviati. La Serie A prova a riaccendersi.
«Si riparte con le condizioni giuste, la salute prima di tutto.
Serve equilibrio, vanno seguite le indicazioni mediche e del governo. Ma una delle industrie più importanti del Paese deve ridare divertimento e coraggio agli italiani. La passione aiuta anche in questi casi».
L’Europa League vinta con il Chelsea da secondo di Sarri. Non è passato neanche un anno, sembra un secolo.
«Maurizio ha scelto la Juve, Abramovich ha chiamato Lampard e mi ha proposto di fare l’ambasciatore del club e io non ho saputo dire di sì. Ho perso l’attimo, ho rifiutato alcune proposte. Stare fermo un giro non è poi così male».
Diceva degli inciampi in
Nazionale e con Cagliari e Birmingham.
«Con l’Italia avrei voluto dare di più (35 presenze, 10 gol, ndr ) ma l’espulsione assurda con la Nigeria a Usa ’94 e il rigore paratomi da Koepke con la Germania agli Europei ’96, hanno inciso nei miei bilanci dell’esperienza azzurra. A livello di club invece ho capito che devo evitare di subentrare ad altri allenatori. È valso per Birmingham, ma sopratutto per Cagliari che significa tanto per me».
In azzurro il gol vittoria a Wembley contro l’Inghilterra è stato un super spot per il suo ingresso in Premier.
«Ero appena arrivato al Chelsea, mi ha aiutato molto».
Lancio di Costacurta, stop, sterzata e sassata di destro.
«Billy dice di avermi cercato, penso stesse spazzando la palla...
Battute a parte, quella rete è tra le più care della mia carriera».
Kevin Keegan, simbolo della Nazionale inglese, ha detto che il calcio “british” è cresciuto anche grazie a lei.
«Kevin mi ha apprezzato da subito. Il mio inserimento in Premier è stato facile, con i Blues tutto è andato bene in tempi in cui fisicità e agonismo erano la loro Bibbia. Adesso sì che sono cresciuti».
Maradona tra i grandi di sempre. E poi?
«Aver incrociato Diego — che ricami con Careca — è stata la mia fortuna. Poi Maldini e Roby Baggio: unici. In un’amichevole per beneficenza ho giocato con Ronaldinho e Iniesta, stratosferici. Mi sarebbe piaciuto duettare con Cristiano Ronaldo, un marziano».
Meglio lui o Messi?
«È come dover scegliere tra Marilyn Monroe e Carla Bruni...
Mi sarei divertito a giocare con entrambi».
Se dovesse scegliere una top undici tra quanti ha avuto a fianco in campo?
«Buffon, Ferrara, Baresi, Desailly, Maldini, Lampard, Albertini, Di Matteo, Maradona, Roby Baggio e Careca. In panchina, io con Peruzzi, Benarrivo, Francini, Poyet, Wise, Casiraghi, Vialli e Asprilla».
Chi sarebbe l’allenatore?
«Nevio Scala e Arrigo Sacchi».
Torniamo alla serie A che vuole ripartire. Chi insidia la Juve?
«L’Inter, che con Conte ha già fatto una rivoluzione, e la Lazio sono lì. Sarri ha una rosa più competitiva, ma la storia non è chiusa. Anzi».
Sorprese e delusioni nei primi due terzi di stagione?
«Il Verona e il primo Cagliari di Maran: non so cosa sia successo, mi è dispiaciuto molto per l’esonero e auguro in bocca al lupo a Zenga. Tra le delusioni iniziali metto Milan, Torino, Samp, Napoli e Roma. Ma Gattuso e Fonseca stanno lavorando bene e sono in ripresa».
Gianni Mura ci ha lasciato. Ma è vero che a Sassari, suo ospite al ristorante, ha portato il vino perché di lei non si fidava?
(ride) «Sì. Una volta, in ritiro con l’Italia, ho scelto la trattoria e il rosso: non me l’ha perdonata.
Gianni è stato un grande giornalista e un riferimento indimenticabile. Eppoi, mi ha sempre voluto bene».