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 2020  maggio 04 Lunedì calendario

Cosa ci insegnano le grandi crisi della Borsa del passato

La crisi scatenata dalla pandemia da coronavirus non è la prima per dimensioni della correzione di Borsa: negli ultimi 35 anni si sono susseguite altre quattro grandi crisi che possono offrire importanti elementi di riflessione agli investitori. Vediamo che cosa ci insegnano le grandi crisi del passato.
OTTOBRE ’87: IL LUNEDì NERO
Il 19 ottobre 1987 l’indice azionario storico Dow Jones Industial Average accusò una perdita del 22,6% in una sola seduta di Borsa. Non è mai stato chiarito con precisione cosa abbia determinato il tracollo. Va detto che nel decennio precedente, Wall Street aveva registrato un rialzo del 180%, e già dall’agosto 1987 aveva iniziato a evidenziare segnali di instabilità. Sembra poi che il 19 ottobre 1987, gli stop loss di alcuni programmi (che chiudono la transazione in modo automatico al raggiungimento di un valore minimo prefissato), abbiano amplificato in contemporanea le vendite allargando a dismisura la correzione. Le perdite proseguirono per circa tre mesi e l’S&P 500 di Wall Street, che arrivò a lasciare sul terreno oltre il 30%, impiegò 10 mesi per ritoccare il valore pre crisi. Piazza Affari invece, perse il 33,5% in cinque mesi e solo nel luglio ’89 (23 mesi dopo) ritrovò il livello pre-crisi.
BOLLA DOT-COM E 11 SETTEMBRE
Nel 2000 le quotazioni dei titoli internet, salite alle stelle provocò, lo scoppio delle cosiddette «azioni dot-com». Successivamente, in un mercato già al ribasso, l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 gettò nel panico tutti i Paesi occidentali davanti alla pericolosità del terrorismo internazionale. Le iniziative adottate dai governi per la lotta al terrorismo hanno permesso agli investitori di convivere con le preoccupazioni e di superare la crisi, che però durò 31 mesi provocando un calo complessivo dell’S&P 500 del 44,6%: solo nel luglio 2014 Wall Street fece ritorno sui livelli pre-crisi. Piazza Affari, dal canto suo, non è più riuscita a ritoccare il livello massimo del 2000.
IL CRAC DI LEHMAN BROTHERS
Il fallimento della banca d’affari Usa Lehman Brothers del 15 settembre 2008 fece sfiorare il corto circuito della finanza internazionale e dimostrò quanto questa fosse interconnessa a livello globale. Le risorse stanziate dalle banche centrali di tutto il mondo sono state imponenti; hanno arrestato la recessione la caduta dei listini e, negli anni, hanno posto le fondamenta per il più lungo ciclo di espansione economica del dopoguerra. Le perdite dell’S&P 500 arrivarono al 39,4% e furono necessari 2 anni e sette mesi per recuperare i valori di Borsa pre crisi. Nel caso specifico di Piazza Affari, invece, la perdita massima del periodo si è spinta fino a -55,5% e, ancora oggi non è stato possibile recuperare i livelli pre-crisi. 
LA CRISI DEL DEBITO SOVRANO
La grande crisi finanziaria del 2008-2009 aveva indebolito i Paesi dell’eurozona già in difficoltà con il pil e i conti pubblici. I cosiddetti Paesi Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), o «periferici», evidenziavano una maggiore vulnerabilità legata a dinamiche non sostenibili del debito pubblico, dovuta all’indebitamento accumulato negli anni, all’incremento incontrollato del deficit e a bassi tassi di crescita del pil e, non ultimo, agli oneri delle operazioni di salvataggio degli istituti bancari finiti in crisi. Tra il 2010 e il 2011 la situazione economica e finanziaria di Portogallo, Irlanda e Grecia si rese particolarmente critica per poi estendersi anche a Spagna e Italia. Lo spread, il differenziale di rendimento tra i Btp a 10 anni e il bund decennale tedesco, si impennò in pochi mesi fino a 500 punti base, facendo temere anche per la sopravvivenza dell’euro. Solo nel luglio 2012, quando l’allora presidente della Bce Mario Draghi scandì di essere pronto a qualsiasi misura pur di salvare l’euro – un discorso rimasto nelle cronache per l’impegno «Whatever it takes» – i mercati ritrovarono una stabilità. La crisi del debito sovrano della zona euro sfiorò appena Wall Street, il cui indice perse soltanto il 7,7% in tre mesi per recuperare i livelli pre crisi nel giro di cinque mesi. Al contrario fece accusare un calo fino al 38,7% Piazza Affari in 12 mesi: ci vollero 42 mesi prima che l’indice Ftse Mib riagguantò i livelli pre-crisi.