Corriere della Sera, 3 maggio 2020
Il commissario e l’emergenza narcisismo
I Mosè che ci guidano nella lunga traversata del deserto del Covid-19 non hanno grande carisma e rimediano spesso una comunicazione rattoppata. Colti da improvvisa visibilità (come molti «tecnici») non riescono più a tenere a freno il loro narcisismo. L’ultimo a entrare in scena è Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza.
Prima ha pasticciato con l’app «Immuni», sull’obbligatorietà della quale ha creato il classico Comma 22: «Se non fossimo tutti protagonisti di una tragedia dovrei rispondere che è una farsa immaginare che possa uscire solo chi ha scaricato la app». Siccome siamo in una tragedia, l’app è dunque necessaria? Poi ha creato il caos sui prezzi delle mascherine chirurgiche: ognuna deve costare € 0,50. Risultato? Supermercati e farmacie hanno ritirato le mascherine perché il prezzo di vendita imposto è inferiore al costo sostenuto per comprarle. Arcuri si è sentito offeso e ha litigato contro chi gli ha fatto notare una probabile frenata della produzione. Voleva passare sotto silenzio l’argomento ma lo ha nominato: «Avrei tanta voglia di parlare dei liberisti che emettono sentenze quotidiane da un divano con un cocktail in mano. Ma non lo farò». È la figura retorica della preterizione. Ma che figura è quella di un commissario che di straordinario finora ha solo una vocazione polemica?