la Repubblica, 3 maggio 2020
Sul romanzo inedito di Simone de Beauvoir
Sarebbe esistita una Simone de Beauvoir, senza una Elizabeth Zaza Lacoin? L’artefice del risveglio femminista di milioni di donne nel corso delle generazioni deve a un’amicizia di gioventù, che le lasciò il segno per sempre, buona parte della sua presa di coscienza verso gli schemi imposti dalla società. Questa amica fu Zaza, che Simone conobbe all’età di nove anni e dalla quale fu inseparabile fino ai ventidue, quando la giovane morì all’improvviso, nel 1929. Le sue tracce affiorano in diverse opere di De Beauvoir, ma nessuna come Le inseparabili — il romanzo che la scrittrice, da viva, non si risolse mai a pubblicare – è completamente dedicata alla loro amicizia.
Sylvie Le Bon, figlia adottiva di De Beauvoir e sua esecutrice testamentaria per le opere letterarie, ha deciso di far conoscere il testo adesso, trasformandolo nel primo scritto di narrativa che potremo leggere a trentaquattro anni dalla morte dell’autrice de Il secondo sesso.
La dimostrazione più eloquente dell’influsso che Lacoin esercitò sulla vita di De Beauvoir è forse il fatto che prima di concludere la stesura de Le inseparabili — avvenuta nel 1954 – la filosofa abbia tentato per ben quattro volte di scrivere di quell’amicizia. «Mia madre voleva far rivivere l’amica di gioventù. Era indecisa tra il romanzo e l’autobiografia», spiega via mail Le Bon, che ha scelto il titolo del libro; De Beauvoir ne portò a termine la scrittura, ma non lasciò indicazioni riguardo al titolo.
Secondo l’editore di questo testo inatteso, che avrebbe dovuto uscire in Francia questo mese ma che slitta a ottobre a causa del coronavirus (in altri paesi non verrà pubblicato fino al 2021), De Beauvoir ha colpito nel segno scegliendo di scrivere un romanzo. «Come romanzo ha una forza del tutto diversa per il lettore, perché lo invita a identificarsi, gli comunica sentimenti e ambientazioni che altre forme letterarie non consentono», dice al telefono Laurence Tâcu, di Éditions L’Herne. Per i lettori di Simone de Beauvoir, Zaza non è una sconosciuta. È la Elisabeth Mabille di Memorie di una ragazza perbene, quel primo tempo autobiografico pubblicato nel 1958 – quattro anni dopo la stesura de Le inseparabili, dunque – in cui De Beauvoir raccontava e offriva riflessioni proprio sulla vita borghese che l’attendeva, ingabbiata negli schemi in quanto ragazza di buona famiglia: la vita contro cui avrebbe finito per ribellarsi. Tra le pagine di Le inseparabili Zaza è Andrée Gallard, una «piccola sconosciuta dai capelli castani e le guance scavate, occhi scuri e fiammanti che ti fissano con intensità»; trasmette «sicurezza, e quando parla è veloce e puntigliosa», per questo sbalordisce e affascina fin da subito Sylvie Lepage, cioè de Simone de Beauvoir, al punto da diventare per lei un amore adolescenziale; il primo, forse. «A un tratto capisco, stupefatta e gioiosa, che il vuoto del mio cuore, il sapore di tristezza dei miei giorni, avevano una sola causa: l’assenza di Andrée. Vivere senza di lei non era vivere», scrive De Beauvoir, nonostante la sua amica «ignori del tutto» ciò che lei prova nei suoi riguardi. Sa che non verrebbe corrisposta. «Qual è il sentimento innominato che abbraccia il suo cuore novello, tra sconcerto e turbamento, e che, nel rispetto delle convenzioni, etichettiamo come amicizia, se non l’amore?», spiega Le Bon nel prologo. «Capisce alla svelta che Zaza non prova lo stesso attaccamento e che anzi nemmeno sospetta quanto sia intenso il suo per lei; ma che importanza ha, al confronto della magia che suppone amare qualcuno?» Nel romanzo, anche altri nomi e dettagli della vita reale di entrambe sono stati cambiati. «La loro educazione le ingabbia, non c’è traccia di confidenza, non si danno del tu eppure, malgrado la riservatezza, si parlano come Simone non ha mai parlato con nessuno», afferma sua figlia nel testo introduttivo. Secondo l’editore Tâcu «la cosa straordinaria di questo libro è che, pur essendo stato scritto quando Simone si era già affermata (cinque anni prima aveva pubblicato Il secondo sesso ), la scrittrice preferisce rimanere in secondo piano, un po’ all’ombra di quella giovane che ammira e che si è ribellata agli schemi molto prima di lei».
Man mano che passano gli anni però «è Simone a influenzare dal punto di vista intellettuale Zaza, che l’aveva spronata con energia a essere se stessa», puntualizza Sylvie Le Bon. L’importanza di questa amicizia, prosegue, «si colloca a un altro livello: la presenza di Zaza a fianco di Simone è preziosa quando quest’ultima intraprende una dura lotta per emanciparsi. Combatterono insieme contro il «destino limaccioso» riservato alle donne dell’epoca, e in quello scontro Zaza perì. Fu una tragedia che tormentò per sempre De Beauvoir». Tuttavia, sottolinea Tâcu, la trasformò anche in tutto ciò che riuscì a diventare. L’editore ricorda le parole della filosofa, nelle sue memorie: «Pagai la mia libertà con la sua morte, credo».
Perché un’opera che racconta un fatto essenziale è rimasta chiusa in un cassetto così a lungo? In primo luogo, per questioni di protocollo. Alla morte della filosofa, nel 1986, Sylvie Le Bon divenne esecutrice testamentaria delle sue opere letterarie. «Dovetti dare alle stampe innanzitutto la corrispondenza, perché lei aveva già iniziato a pubblicarla: le lettere a Sartre, a Nelson Algren, a Jacques-Laurent Bost... Adesso invece mi posso dedicare ai romanzi e ai romanzi brevi», rivela. In secondo luogo, perché la stessa De Beauvoir non si era mai risolta a pubblicarla, soprattutto dopo che il suo compagno Jean-Paul Sartre l’aveva giudicata di scarso valore. «Credo che fosse molto severa verso se stessa. E Sartre era a sua volta molto severo verso Simone. È anche probabile che a lui non piacesse considerarla una scrittrice, che la vedesse più come una filosofa», afferma Tâcu smorzando la questione e sottolineando, insieme a Le Bon, il fatto che De Beauvoir non abbia mai distrutto l’opera. «Se si fosse trattato di una bozza informe, non l’avrei mai data alle stampe. Credo che restituisca una storia così intima che per l’autrice è stato difficile esporla alla luce del sole mentre era in vita. Ma è un libro compiuto. Ed è un buon libro».
Traduzione di Monica Rita Bedana
©El Pais 2020