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 2020  maggio 03 Domenica calendario

Chissà quando riapre il bar Gianni

Più di ogni cosa mi mancano i bar. (Tendo dunque a considerare con indulgenza la mossa della presidente della Calabria di farli riaprire; è oggettivamente prematuro, ma ognuno di noi è soggettivamente succube delle proprie debolezze). Mi mancano i bar per la loro facilità di strada, sono aperti a chiunque passi. Lo sconosciuto entra nei bar della città sconosciuta senza incertezze, senza il dubbio dell’estraneità, la soglia di un bar non è mai un confine, è sempre un buongiorno o un buonasera. Nessun luogo pubblico è più pubblico. E nessuno è più multiuso, più versatile.
Un caffè può valere come pretesto frettoloso per potersi servire del bagno e sparire per sempre, o come pedaggio quotidiano per interminabili partite di carte. Qualcuno spende appena mezza parola, consuma e se ne va, altri (io, per esempio) ne fanno luogo di ciance, di indugio, di perdita di tempo. Si dà appuntamento al bar quando pare troppo confidenziale vedersi nelle case, ognuno ha un bar che considera “il suo”, all’angolo di strada. Il bravo barista è un valore aggiunto, i fuoriclasse dietro il bancone ascoltano tutto, sanno tutto, ma continuano a lavare tazzine e dosare cocktail con facce impenetrabili, che sono la garanzia della discrezione.
Mi manca Gattullo a Milano, scintillante e traboccante di paste e panini, mi manca il mio bar di paese dove ci conosciamo tutti e, come attività principale, ci prendiamo per i fondelli sbevazzando, mi mancano perfino i bar che la vita ha ingoiato, quelli della memoria, chissà se esiste ancora il bar Gianni, dietro viale Fulvio Testi a Milano, nel quale ho passato metà della mia giovinezza mangiando toast bruciacchiati e giocando a boccette. Chissà quando riapre, il bar Gianni.