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 2020  maggio 01 Venerdì calendario

Il dossier Majorana in Vaticano

Rari nantes in gurgite vasto, così mi sono sembrate le 20 pagine del dossier completo su Ettore Majorana inviatomi dall’Archivio Apostolico Vaticano e uscite dal mare maius delle carte del pontificato di Pio XII aperte agli studiosi il 2 marzo scorso. Uno sparuto dossier, inaspettato nella sua consistenza e sorprendente da togliermi il respiro. Ma finalmente la prima testimonianza ufficiale di quella che è stata una lunga operosità e attenzione al «doloroso caso della scomparsa del Prof. Ettore Majorana» da parte della Santa Sede.
E, seguitando l’iniziale citazione virgiliana ( Eneide I, v. 118), ho considerato questi documenti come i venti marinai di Enea che si sono salvati, dalla tempesta giunonica che li fa naufragare sulle coste libiche, come ancora oggi accade. Abbiamo gioito per la loro salvezza, li abbiamo identificati, e ci faremo raccontare quanto ricordano della loro esperienza. Abbiamo constatato che le venti testimonianze, anche se chiaramente incomplete, non sono prive di interesse se implementate dalle conoscenze esterne raccolte negli anni. Dalle date dei documenti risulta che la Santa Sede è stata coinvolta in continuità dalla fine del pontificato di Pio XI all’inizio di quello di Pio XII, nelle indagini per rintracciare lo smarrito. Con la stessa comunione d’intenti e di adesione ai valori dell’Istituzione dell’accoglienza Ecclesiastica. Nella risposta allo Stato italiano che, per questa vicenda, controllava case e alberghi, cliniche e ospedali il Santo Padre Pio XI fa sapere che ha chiesto alla «Sacra Congregazione dei Religiosi di favorire nel miglior modo le ricerche che la Famiglia Majorana intendeva promuovere presso alcuni Istituti religiosi da quella dipendenti».
Qui comincia a intravedersi il filo rosso che legherà il religioso e il laico: i due relativi settori di pertinenza non hanno risposte e quindi non comunicano risposte e le aspettative debordano sul religioso perché questo ambiente gode di maggior credito, ed è quello che la famiglia indica come il più consono alle esigenze di vita dello scomparso: il riposo, la tranquillità e la pace. Sicuramente la vicenda della scomparsa di Majorana, nella sua complessità, è servita alla Santa Sede come campo di studio e di ipotesi per ribadire il concetto di soccorso e quello di diritto d’asilo come valori intangibili a fronte di qualunque istanza umana, foss’anche la pietà materna; e soprattutto a quelle motivate dalla ragion di Stato quando nella mutevolezza dei tempi e della storia il soccorso e l’ospitalità si riversò sui perdenti del momento, di quel dramma che fu la Seconda guerra mondiale.
Se ci sono state risposte non ne è rimasta traccia in queste venti carte né, crediamo, in questo archivio, ora non più “segreto” ma apostolico. La Santa Sede con Pio XII fa partecipe di questa sua linea la famiglia Majorana, direttamente e tramite i suoi intermediari, che ogni altra ricerca non è di pratica utilità perché le domande potrebbero continuare a restare senza una risposta. La domanda «è irricevibile». Così, in anni relativamente recenti, si sentì rispondere il rettore dell’Università Federico II di Napoli, Fulvio Tessitore, dall’Arcivescovo emerito di Napoli, Michele Giordano, cui aveva domandato «Se rispondesse a verità che Ettore Majorana aveva soggiornato dopo la sua scomparsa nel convento di San Gregorio Armeno in Napoli». E, nel mio piccolo, molte volte anch’io. Interpreto molto positivamente il fatto che le notizie su Majorana, in queste carte, si fermino all’inizio del 1940. Perché io sono tra quelli che in base a molti documenti e a un po’ di buon senso, ma ancora senza la prova regina, credono che Ettore Majorana sia defunto alla fine del 1939. E che, quindi, quell’anno costituisca l’argine, la ragione, per non attribuirgli, come adesso si sta facendo, quella sopravvivenza spericolata e oscena nella guerra e nel dopoguerra con un viaggio finale per mare in compagnia del figlio del diavolo, Adolf Eichmann. La mamma di Ettore reagisce a questa ipotesi; è furiosa, iperattiva, depressa, non crede a quello che le si racconta in famiglia e fuori perché è convinta che qualcuno sappia e non parli. Inoltra una supplica con cui chiede che siano fatti altri controlli in tutti i conventi e, soprattutto, di essere ricevuta dal nuovo papa Pio XII. A settembre del 1939 suo figlio Salvatore aveva finanziato una borsa di studio alla Congregazione dei Gesuiti del Lombardo Veneto a favore del compianto e caro estinto suo fratello. La famiglia non ne era al corrente? Perché ora capovolge il suo sentire? Tra i venti documenti c’è la supplica che Maria Majorana scriverà in nome e per conto della madre e che consegnerà al Santo Padre in occasione di un’udienza generale collettiva il 26 febbraio 1940. La risposta è immediata. Tra i documenti c’è la bozza, del 5 marzo ’40, della risposta alla supplica in cui si spiega, che: «Quanto a ciò che si è suggerito per ulteriori ricerche nel settore ecclesiastico, il Santo Padre non vede la cosa di pratica utilità dopo il già fatto, anche perché l’esecuzione del progetto sarebbe di insolita e difficile attuazione. Di tutto cuore Sua Santità imparte a Lei e ai suoi cari …». La risposta è interrotta dal contemporaneo finire della pagina e dalle cose da aggiungere che, essendo di prammatica,potevano essere omesse in una bozza. Con la benedizione non conosciamo quale sarà quella importante parola di consolazione promessa nell’appunto, del 3 marzo ’40 preparatorio alla risposta che doveva aiutare la madre e la sorella ad accettare la realtà.
La testimonianza dei superstiti si chiude qui, in maniera circolare e la pochezza delle carte si rivela essere quella necessaria e sufficiente al loro scopo: di delimitare il periodo di vita di Majorana, di giustificare il ridimensionamento attuale dell’interesse alla sua vicenda e lasciando capire appena il leggero fastidio per tutto questo coinvolgimento, dopo il già fatto.
Nella convinzione che nel religioso i documenti siano finiti qui, e, sperando invece che, nel laico si recuperi qualche altro marinaio ancora dato per disperso.