Corriere della Sera, 1 maggio 2020
La Federal Reserve e l’Iri di Beneduce
In America la preoccupazione per la sostenibilità del debito pubblico sembra svanita. Donald Trump ha dilatato il disavanzo al ritmo di mille miliardi di dollari l’anno nel silenzio generale: zitti anche i «falchi fiscali» conservatori. Poi è arrivata la pandemia ha fatto saltare tutte le regole. In pochi giorni il Congresso ha varato interventi per 2.700 miliardi dollari (il 13 per cento del Pil) e già servono molti altri soldi per salvare aziende, Stati e città. Un maldestro tentativo del leader del Senato, il repubblicano Mitch McConnell, di arrestare questo meccanismo, è stato aspramente criticato. Colpisce il fatto che l’invito più forte al Congresso a spendere molto di più sia venuto da un’istituzione considerata l’incarnazione del rigore: la Federal Reserve. Jerome Powell, capo di una Banca centrale ormai irriconoscibile – da tempio del dollaro con un culto religioso dell’indipendenza a braccio operativo del Tesoro che oltre a fornire un’enorme liquidità al sistema finanziario, ormai gestisce anche gli aiuti alle imprese – non nasconde la gravità di questo stravolgimento. Quanto ai rischi, basta dare un’occhiata al bilancio della Fed che si sta gonfiando con l’acquisto di titoli, ormai quasi di ogni tipo: dagli 800 miliardi pre crollo finanziario del 2008 ai 6.600 attuali, ai 9-11 mila previsti con gli interventi anti pandemia. Sono numeri da far tremare i polsi ma Powell non ha scelta: le cose andrebbero molto peggio se si arrivasse all’insolvenza delle imprese. Quando Mario Draghi chiese, in un articolo pubblicato dal Financial Times, interventi massicci e immediati, parlando anche di remissione del debito, fu lodato da molti, ma non da tutti per il suo coraggio. Powell, capo di un’istituzione che ha tra i compiti anche il sostegno dell’occupazione, sta facendo proprio questo. Con inevitabili rischi di squilibri futuri, compreso quello di essere risucchiati da un meccanismo politico di scelta di vincitori e vinti: vedi i 6 miliardi ricevuti dalla compagnia di crociere Carnival guidata da un grande amico del presidente e sponsor storica dei suoi programmi televisivi. Una lezione anche per noi: oltre che di quelli per il coronavirus, avremo bisogno di antivirali per evitare che i sostegni per la ripresa vengano distribuiti con la logica delle Partecipazioni statali dell’era della Finsider e dell’Efim anziché con la lungimiranza dell’Iri di Beneduce.