Corriere della Sera, 1 maggio 2020
Biografia di Vittoria Colizza
Alla guida del «laboratorio degli italiani», l’EPIcx Lab che a Parigi studia i modelli delle epidemie, c’è Vittoria Colizza, fisica romana da nove anni in Francia: celebre nel mondo scientifico per le sue ricerche, la dottoressa Colizza da qualche settimana è nota anche ai telespettatori francesi, ai quali spiega le difficoltà della lotta contro il coronavirus. Soprattutto, con i suoi studi Colizza aiuta le autorità sanitarie nella fase complicata che si apre oggi, quella della convivenza con il virus. «All’inizio dell’epidemia abbiamo scoperto che il 60 per cento dei contagiati non viene individuato: bisogna fare i tamponi, e nel numero maggiore possibile». Ieri il governo ha presentato per la prima volta le carte geografiche della Francia, che a partire dall’11 maggio serviranno per modulare l’uscita dalla quarantena: a ognuno dei 101 dipartimenti (le province francesi) ogni sera verrà attribuito il colore rosso, arancione o verde, a seconda della presenza del Covid-19, e i provvedimenti di ordine pubblico saranno presi di conseguenza. Può funzionare? «La rapidità nella risposta è tutto – dice Colizza —, ma allo stesso tempo l’obiettivo di avere una fotografia della situazione giorno per giorno mi pare molto ambizioso: bisogna capire che quando si parla di “nuovi casi” ci si riferisce a quelli identificati, non a quelli reali, che di solito vengono poi conteggiati dalle statistiche alcuni giorni dopo». Come giudica la reazione dei vari Paesi europei di fronte alla crisi? «Ci sono state politiche diverse, l’Islanda per esempio ha fatto test per un mese intero prima ancora di avere un caso conclamato mentre l’Italia e anche Francia e Spagna si sono comportate in maniera reattiva, quando ormai l’epidemia era arrivata». Si sarebbe potuto fare di più e meglio? «Da un punto di vista scientifico era evidente che occorreva prendere subito le stesse misure adottate dalla Cina a Wuhan, ma questo è un parere tecnico, poi immagino non sia facile prendere decisioni così drastiche,e senza precedenti. Quel che importa adesso è non sbagliare nella nuova fase». Due settimane fa il suo laboratorio ha suggerito una serie di ipotesi per l’uscita dalla quarantena, tra le quali non c’era la riapertura delle scuole decisa invece da Macron. «Perché ancora non è chiaro il ruolo dei bambini nel contagio, forse diverso fino ai dieci anni e poi negli adolescenti, che sembrano contrarre di più il virus. Comunque, nelle due settimane di vacanze scolastiche a febbraio, in Francia l’epidemia si è propagata molto più lentamente. Questo qualcosa vuol dire». Quali misure saranno cruciali? «Il distanziamento e i gesti barriera sono fondamentali ma non bastano. Bisogna rompere la catena della trasmissione con brigate di medici che risalgano lungo la filiera del contagio, tantissimi test virologici, isolamento negli alberghi e applicazioni per smartphone». Lei si sente un «cervello in fuga?». «No, per niente, perché in Italia la mia carriera ha fatto un passo avanti decisivo. Non sono mai fuggita da nulla, sono solo andata all’inseguimento di qualcosa che mi interessava, ovunque fosse: nell’Indiana dal professor Alessandro Vespignani, o a Parigi».