ItaliaOggi, 1 maggio 2020
In Giappone lo smart working soppianta i timbri
Nel moderno Giappone c’è uno strumento antico che fa fatica a essere abbandonato: è l’hanko, il timbro personalizzato, una sorta di sigillo con il nome di famiglia, dell’impresa o dell’ente amministrativo inciso in caratteri antichi, che i giapponesi usano, nella vita privata e professionale, per firmare i documenti importanti. L’hanko potrebbe avere i giorni contati: non c’è posto per lui con lo smart working, il lavoro agile che si sta diffondendo in questi tempi di lockdown per la pandemia di Covid-19.
L’invito a mettere da parte il timbro con il proprio sigillo è stato il presidente degli imprenditori giapponesi, Hiroaki Nakanishi, perché, ha detto a Le Figaro, non c’è posto per lui nell’era digitale. Parole che sono arrivate proprio nel momento in cui il Paese del Sol Levante si sforza di promuovere il lavoro a distanza per ridurre gli spostamenti e di conseguenza il rischio di contagi da coronavirus. I funzionari, però, continuano a recarsi sul posto di lavoro per apporre il proprio timbro sui documenti più importanti. Il premier giapponese Shinzo Abe si è impegnato a ridurne l’utilizzo e a diffondere la firma digitale.
Esistono tre tipi di timbri: un primo, ufficiale, è registrato al comune; un secondo serve per i conti bancari e un terzo per tutti i restanti diversi usi. In affari, la tradizione di apporre il timbro obbliga alla circolazione fisica dei documenti tra i firmatari e alimenta il proliferare di carta negli uffici giapponesi, cosa che viene considerata non più tollerabile nell’era digitale.