Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  maggio 01 Venerdì calendario

Chi ha incastrato Pasternak?

«Lei è già al corrente della nostra spaventosa disgrazia. Il mio adorato Borjuša non è più tra noi»: così la bellissima Olga Ivinskaja, che aveva ispirato il personaggio di Lara nel Dottor Živago, comunicava a Giangiacomo Feltrinelli la scomparsa dell’amato Boris Leonidovič Pasternak. Proprio quest’anno, il 30 maggio, ricorrono i sessant’anni dalla morte dello scrittore, il cui romanzo, pubblicato il 15 novembre 1957 in anteprima mondiale in Italia dall’editore Feltrinelli fu un successo planetario (31 edizioni in un solo anno). Diverse copie dell’inedito dattiloscritto erano state inviate in Occidente dal narratore moscovita e avevano scatenato una caccia al testo letterario da parte del Kgb e della Cia. Anche dopo la pubblicazione, però, le autorità sovietiche non rinunciarono a cercare di tenere sotto pressione lo scrittore, definito «traditore del popolo» dal segretario del partito comunista Krusciov. Costretto a rifiutare il premio Nobel, Pasternak divenne vittima di un intrigo internazionale: un complotto che dopo la sua morte finì col coinvolgere le persone a lui più vicine, come la quarantottenne Ivinskaja e la figlia ventitreenne di quest’ultima, Irina.
A rivelarci questo nuovo capitolo della guerra fredda culturale è Paolo Mancosu, che già in una precedente ricerca - Živago nella tempesta - aveva ricostruito le peripezie del romanzo prima dell’approdo in libreria. Adesso con documenti inediti il docente di Berkley, in Pasternak e Ivinskaja. Il viaggio segreto di Živago (in uscita il 7 maggio da Feltrinelli, che aveva pubblicato anche l’altro saggio), rimette insieme i tasselli di un maledetto imbroglio concepito dall’intelligence russa per intimorire e tenere sotto scacco il narratore, reo di essersi conquistato un’affermazione mondiale. 
Nel 1958 il governo sovietico privò Pasternak di ogni mezzo di sostentamento, gli vietò persino di lavorare alle traduzioni, con cui si manteneva, e gli proibì di incassare le royalty maturate in Occidente. Pasternak, allo stremo delle forze, decise quindi di affidare a Olga, tramite una delega redatta in tre lingue, pieni poteri sulla sua opera letteraria e sul controllo delle sue risorse economiche all’estero. Come mai scelse per questo delicato incarico proprio Olga e non la moglie Zinaida a cui continuava a essere molto legato? 
Pasternak aveva conosciuto la Ivinskaya nel 1946, nella redazione della rivista letteraria Novy Mir. La donna era diventata non solo la sua musa ma il suo alter ego, l’anima gemella, e per lui si era immolata: mentre lo scrittore stava componendo i suoi testi così critici verso la Russia dei soviet, nel 1950 lei era stata arrestata e portata in un gulag. Lo scopo? Ricattare il narratore e costringerlo a rinunciare alla sua fatica letteraria. Olga era incinta e perse il bambino di Boris: «Devo la mia vita e la mia incolumità in quegli anni al suo eroismo e alla sua resistenza», raccontò Pasternak. 
Dopo tre anni detenzione, la Ivinskaja era stata scarcerata ed era andata a vivere a Peredelkino, in una casetta vicino alla villa dove lo scrittore, diviso tra le due donne proprio come il Živago, continuava ad abitare con la consorte. Ma Olga era la sua vera ispiratrice: Borjuša decise con lei di inviare a Feltrinelli la preziosa delega, insieme a una ricevuta che attestava l’incasso di rubli clandestini, utilizzando come «postini» i comunisti Mirella e Giuseppe Garritano (giornalista dell’Unità). A marzo del 1960 i coniugi avevano portato dall’Italia in gran segreto una borsa per Pasternak contenente ben 180 mila rubli. Dopo la morte del narratore Olga scoprì che la delega e la ricevuta invece di approdare nella Penisola erano state perdute nel Caucaso. I Garritano davano spiegazioni confuse e Feltrinelli era costernato: quei documenti smarriti, se recuperati, sarebbero stati una prova terribile contro la donna. Al rientro in Italia la coppia ricevette dal vice segretario del Pci Luigi Longo il consiglio di non raccontare nulla. Il 1° agosto 1960 altri due militanti comunisti, Giulio Benedetti e la moglie Claudia, consegnarono, sempre in forma clandestina, altri 500 mila rubli a Olga. Dopo pochi giorni, il 16 agosto, gli uomini del Kgb fecero irruzione nella sua casa, trovarono il denaro e arrestarono Olga e Irina.
Al processo la Ivinskaja fu chiamata «l’avventuriera» e accusata di aver frodato lo sprovveduto Pasternak. Fu condannata a otto anni di gulag, e la figlia Irina, considerata una complice, a tre anni di detenzione. Si voleva cancellare dal nome dello scrittore l’ignominia del comportamento «antisovietico», ma anche dare un segnale della severità del governo tramite un capro espiatorio. In Europa e in America si mise in moto un tam-tam di protesta. Ma nel 1961 si mobilitò la corazzata comunista italiana. Il Pci fu spinto a intervenire da Feltrinelli che regalò ai russi un bel pacco di lettere di Pasternak. Era una proposta di collaborazione da parte dell’editore che aveva sfidato il pachiderma sovietico e fu ben accolta. Irina fu liberata in anticipo, il 14 giugno 1962, e Olga non scontò la pena interamente ma uscì nel dicembre del 1964. 
Decenni più tardi, nel 1988, alla vigilia del crollo dell’Urss, la Corte Suprema dell’Unione Sovietica annullò le sentenze a loro carico. Però, nemmeno dopo la morte di Olga, nel 1995, gli archivi del Kgb resero pubblici i documenti sul «caso Ivinskaja». Un episodio che ci restituisce un inedito ruolo del Pci di ampie vedute e pronto ad abbandonare gli schieramenti e i paraocchi della guerra culturale fredda. Una guerra poi purtroppo segretamente molto «calda» e che segnò drammaticamente le esistenze di molti innocenti.