La Stampa, 1 maggio 2020
Dr. Doxa e Mr. Epistème
Per cortesia non fate rumore e seguite bene. C’è la doxa e c’è l’epistème. Ne ha parlato ieri Giuseppe Conte in Parlamento citando i colleghi (suoi) Platone e Aristotele. Dunque, la doxa è la credenza alimentata dalla conoscenza sensibile, cioè attraverso i sensi. L’epistème invece è la conoscenza che ha solide basi scientifiche. Per essere più sintetici, la doxa è un’opinione soggettiva, l’epistème è un dato oggettivo. Tutto chiaro? Perché il premier, all’opposizione comodamente irosa per la riapertura blanda e progressiva, l’obbligo di mascherine e il festival del congiunto, ha risposto d’aver preso una decisione non dopo una spaghettata con sua zia e suo cognato (doxa) ma sulla base del documento ricevuto dal comitato tecnico scientifico (epistème). Ossia quel documento redatto sugli esiti di radici quadrate e logaritmi e secondo il quale, se il 4 maggio ci fosse un liberi tutti, l’8 giugno 151 mila di noi finirebbero in terapia intensiva. E poiché da alcuni giorni matematici e statistici, più o meno accreditati, sobbalzano alla cifra e la dichiarano sconsiderata, in contemporanea con Conte (doxa) da un’altra parte di Roma i dotti del comitato tecnico scientifico (epistème) illustravano il documento. E uno di loro ha avvertito che serviva «solo per darci un’idea di quello che potrebbe succedere ignorando Covid» ovvero come se il virus non ci fosse mai stato e prendessimo a strusciarci in metropolitana e poi a baciare la nonna. Così quello che Conte pensava fosse epistème era anche un po’ doxa, e doxa è diventata epistème; pertanto, ringraziati Platone e Aristotele, passiamo a Cartesio, e diamoci un metodo.