ItaliaOggi, 30 aprile 2020
Periscopio
Per me è più difficile comunicare con un giornalista di oggi, che fa un mestiere diverso da quello che ho fatto io. Bernardo Valli, inviato speciale internazionale (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Mio suocero Ettore Bernabei era direttore generale della Rai. Per me fu un’immensa fortuna conoscerlo: era un gigante della televisione. Ma anche un freno per la mia carriera. Giovanni Minoli (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Quando l’epidemia sarà finita (e ce ne vorrà) il disamore per l’Ue avrà fatto un enorme passo avanti. L’incapacità di fornire indicazioni in questa emergenza collettiva sarà la condanna dell’Unione. Il banco di prova è inappellabile. O Bruxelles va oltre il burocratismo molesto che la allontana dai cuori della gente e si intesta la vittoria sull’epidemia. O finirà nel lazzaretto dei lungodegenti, fino alla morte per consunzione. Giancarlo Perna. la Verità.
Gli italiani sono a casa. È una buon occasione per riflettere. E dire: siamo un Paese molto produttivo e ricco ma il nostro Stato non funziona perché il sistema legale, che è il sistema nervoso di un Paese, non funziona. È gestito da una classe di persone che non sono europee. La magistratura italiana non è una magistratura europea. Non so da dove viene, forse è una magistratura da Stato arabo e non importa se le cose non funzionano se per ignavia o per corruzione. Il risultato è lo stesso. Certo i procuratori sono controllati da un corpo professionale, ma in Italia questo corpo professionale, che è il Consiglio Superiore della magistratura, è lottizzato da differenti fazioni. Gli italiani devono riflettere. Siamo mendicanti perché lo Stato non funziona. Lo Stato non funziona perché non abbiamo una magistratura europea. Dobbiamo finalmente averne una. Edward Luttwak (Antonio Amorosi). Affari italiani.
La prospettiva, a Milano, di corso Matteotti, senza un’auto, senza un uomo, desta reminiscenze di piazze di De Chirico, e anche gli orologi luminosi e tondi di cui nel silenzio avverti il «clic», allo scattare del minuto. Ti accorgi di avere accelerato il passo: non per paura del Covid-19 né di brutti incontri, ma per l’angoscia che ti mette il vuoto. In corso Matteotti, sotto ai portici, si stanno accampando per la notte quattro clochard. Poco più avanti, in una vetrina sfavillante, fiabeschi candidi abiti da sposa: ma si sposerà poi qualcuno, ti domandi, in questa primavera? Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
Il buonista è uno sfrontato venditore di fumo, un formidabile spacciatore di frasi fatte e di luoghi comuni, che frequenta con la stessa assiduità con cui bazzica i cosiddetti salotti impegnati, coccolato dalle nobildonne progressiste con un piede nella menopausa e l’altro nelle beauty farm. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.
L’ex senatore Giulio Nardi è uno scienziato del potere. Per tutta la vita è scivolato tra il Quirinale e il Vaticano, la Confindustria e la Cgil, la Rai e i servizi segreti, garantendo tutti e non scontentando nessuno; ma anche badando a non accontentarli del tutto. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Una sera, era la fine degli anni settanta, ero andato al circolo De Amicis, un feudo di Aldo Aniasi, sindaco socialista di Milano. Seduto nelle prime file avevo visto Gianni Brera e lo avevo salutato. Si parlava di politica, naturalmente. Irruppe un gruppo di extraparlamentari che contestavano il sindaco, il De Amicis, i socialisti, tutto. Ne nacque un violento tafferuglio. Scorsi Gianni Brera che cercava di scantonare, di scappare dal parapiglia. Ma intrappolato fra la gente che si prendeva a cazzotti, non riusciva a venirne fuori. Lo raggiunsi e lo presi sotto il braccio. Era pallidissimo. Balbettava: «Non mi piace, non mi piace». Riuscii a portarlo fuori. Ci fermammo sul marciapiede. Se ne stava in silenzio a capo chino. Capii che si sentiva umiliato. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.
In base al cosiddetto patto della dhimma ebrei e mozarabi (cioè cristiani in territorio musulmano) godevano in Spagna di uno stato speciale che avrebbe dovuto metterli al riparo da conversioni forzate e angherie assortite. Ma, quando non rimaneva sulla carta, il «privilegio» si pagava a suon di tasse. E non andava meglio ai mudéjares, gli islamici sotto signoria cristiana, sfruttati come manodopera a basso costo: insomma, tutto fuorché la famosa tolleranza, che è concetto moderno, venuto fuori da un’Europa uscita esangue dalle guerre di religione, e dunque inapplicabile ai tempi dei quali stiamo parlando. Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
Sono perplesso, un po’ smarrito. È come durante la guerra. Ma senza le bombe né il rumore degli automezzi tedeschi. La paura è ovattata. Ti avvolge nel silenzio delle città, e nella circospezione dei pochi che si avventurano fuori. Lo confesso: sono senza parole. Piergiorgio Bellocchio, scrittore (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Gli piacevano quelle lunghe, estenuanti prove nel coro della chiesa, con quel muffo delle partiture mischiato al dolciastro delle candele. Era una sensazione di comunità genuina che non provava a scuola. Qui, le interruzioni frequenti e irritate di padre Alessio, i suoi pittoreschi improperi se qualcuno sbagliava, piovevano innocui come colpi sparati a salve; ma a differenza che in classe, con Vergato, tutti tenevano conto delle strapazzate del maestro. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.
Nella viuzza tra Mermaid Avenue e Neptune Avenue tutto taceva. Soffiava una leggera brezza; crescevano là alcuni alberi. Uccelli cinguettavano tra i rami. L’alta marea portava con sé un odore di pesce, un che di indefinibile, un fetore di putrefazione. Isaac B. Singer, Nemici – Una storia d’amore. Longanesi, 1972.
Nella distruzione di Dresda e nel suo annientamento nulla fu lasciato al caso. Il generale Harris, inglese, impiegò tutta la sua sagacia nel calcolare che la seconda ondata di bombardieri doveva seguire la prima, che era già stata devastante, a tre ore di distanza, se si voleva rendere totale la rovina. In quell’intervallo, infatti, le spedizioni di soccorso e le squadre anti-incendio delle città circostanti sarebbero già state all’opera nel cuore della città vittima ardente, cosicché si sarebbe annientato, con Dresda, anche quanto restava della difesa civile della Germania centrale. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1989.
Sarò ignorante, ma quello che non so, lo so bene. Roberto Gervaso. Il Giornale.