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 2020  aprile 30 Giovedì calendario

Anche il gas rischia prezzi negativi

Non è (ancora) scivolato sotto zero ma il valore del gas è ai minimi storici in tutto il mondo, affondato da condizioni di mercato addirittura peggiori di quelle che hanno mandato a picco il petrolio. Nei giorni scorsi il prezzo ha toccato 5,75 euro per Megawattora al Ttf, il principale hub europeo, un prezzo inferiore a quello (sussidiato) che pagano i consumatori in Russia. Sul mercato spot asiatico intanto il valore del Gnl è sceso per la prima volta sotto 2 $ per milione di Btu: un sesto rispetto ai prezzi dell’autunno 2018 e oltre il 70% in meno dallo scorso ottobre.
Anche negli Stati Uniti le quotazioni del gas sono crollate, ma in Asia e in Europa il combustibile oggi costa meno, persino al netto della liquefazione e del trasporto: una situazione inedita per i produttori americani, che comporta perdite su qualsiasi fornitura di Gnl al di fuori di quelle contrattuali. Anche queste ultime vengono intanto respinte: i clienti hanno cancellato (pagando la relativa penale) almeno 25 carichi per giugno scrive Argus. L’eccesso di offerta è diventato ingestibile, al punto che si sta facendo ricorso alle metaniere come depositi galleggianti: lo stesso accade con il petrolio, ma per il Gnl è molto raro, perché è una pratica costosa e pericolosa. Invece ora ci sono 25 navi cariche in mare senza una destinazione, osserva ClipperData.
Anche la domanda di gas è vittima del coronavirus e gli stoccaggi in Europa (gli unici con capienza significativa) si stanno colmando in fretta: oggi sono al 60% e verso luglio-agosto potrebbe non esserci più spazio, un timore simile a quello che affligge il mercato petrolifero. Salvo che per il gas non ci sono in vista forti tagli di produzione. I grandi fornitori – Russia compresa – hanno fatto qualche passo indietro, riducendo le esportazioni in risposta al fabbisogno dei clienti. Molti investimenti per espandere l’offerta sono stati rinviati. Ma finora nessuno ha chiuso con decisione i rubinetti, né tanto meno ci sono progetti per farlo in modo coordinato: l’Opec del gas – ipotesi suggestiva e in quanto tale evocata spesso – non esiste e non sembra vicina a costituirsi. La guerra dei prezzi, scoppiata ben prima della pandemia, è anzi combattuta in modo sempre più accanito. 
Prima che il Covid19 chiudesse le fabbriche, cancellando una buona fetta dei consumi industriali, il mercato del gas era già indebolito dall’eccesso di forniture di Gnl: un boom di offerta che vede tra i maggiori protagonisti gli Usa, determinati a conquistare il predominio energetico con politiche commerciali (e non solo) aggressive. A squilibrare il mercato contribuisce anche il cambiamento climatico, con temperature superiori alla norma per due inverni di fila. Pochi mesi fa c’è stato anche l’accordo tra Russia e Ucraina a togliere ogni residua tensione sui prezzi europei del gas. Poi è arrivato il coronavirus. E i ribassi hanno messo il turbo: c’è «un monumentale collasso del mercato», afferma Clark Williams-Derry, analista Ieefa, secondo cui per il Gnl «le prospettive finanziarie sembrano implodere davanti ai nostri occhi». 
Persino i giganti tremano. Il Qatar ha rinviato lo sviluppo del North Field East, con cui puntava ad accrescere del 64% la produzione di gas liquefatto. Tra i maxi investimenti slittati c’è anche Rovuma Lng in Mozambico, mentre gli accordi per riattivare l’impianto di liquefazione di Damietta in Egitto (di cui Eni è socia attraverso Union Fenosa) sono saltati, scrive S&P Global Platts. Anche negli Usa qualche progetto di nuovi impianti è stato rinviato, ma non si vedono ancora tagli di produzione, benché gli americani secondo molti analisti siano i fornitori più vulnerabili.
La Russia intanto insiste nel confermare i piani di investimento, ma le sue vendite di gas stanno crollando e con queste una delle principali fonti di entrate per lo Stato. Le forniture di Gazprom a Europa e Turchia sono calate del 14% a marzo rispetto a un anno prima, a 13,8 miliardi di metri cubi (Bcm), il minimo dal 2015. Nel primo trimestre, solo in parte influenzato dal coronavirus, il colosso russo ha perso 9,2 Bcm di export: un quinto su base annua. La Norvegia, secondo fornitore di gas dell’Europa, ha mantenuto flussi più stabili fino a marzo. Ma da aprile anche le sue esportazioni siarebbero calate del 10-15%, intorno a 300 milioni di mc al giorno.
Una riduzione dell’export appare inevitabile di fronte al crollo della domanda dovuto al lockdown. Tre mesi di consumi ai livelli attuali riducono di 17 Bcm il fabbisogno di gas dei sette maggiori Paesi consumatori della Ue, stima Wood Mackenzie. Per l’Italia la perdita più rilevante (-4 Bcm), seguita dalla Germania (-3,5 Bcm).