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 2020  aprile 30 Giovedì calendario

La corsa alle armi prima del virus

Definire guerra lo sforzo globale contro il virus è approssimativo. Vero che i governi si sono dati poteri e hanno preso misure come solo durante i grandi conflitti armati. Ma la mobilitazione, se così la si può chiamare, è unicamente difensiva, da parte di tutti: il virus dovrebbe unire le Nazioni, almeno non metterle una contro l’altra. È forse il caso di tenerlo presente e di non farsi distrarre dalla retorica perché i pericoli di guerra, quella vera e non combattuta, chiusi in casa, non sono scomparsi. Anzi, se si guarda a quanto si preparano i Paesi, già prima del Covid-19, c’è da constatare che il mondo si sta armando come non succedeva da anni. Nel 2019 le spese militari globali hanno raggiunto il livello più alto dalla fine della Guerra fredda e, nell’anno, hanno registrato l’aumento maggiore dal 2010, il 3,6% rispetto al 2018: sono avviate a toccare i duemila miliardi di dollari. Nel suo rapporto annuale, pubblicato nei giorni scorsi, lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), ha calcolato che l’anno scorso nel mondo sono stati spesi 1.917miliardi di dollari in armamenti. È il 2,2% del Prodotto lordo del pianeta. Nel 1989, l’anno del crollo del Muro di Berlino, le spese globali (a prezzi e tassi di cambio resi costanti al 2018) furono di 1.516 miliardi e toccarono un minimo di 1.054 miliardi nel 1998. Da allora, i tempi sono cambiati, sia a causa di conflitti locali sia in ragione delle tensioni in crescita tra Washington e Pechino. Infatti, nota Sipri, per la prima volta tra i tre Paesi che spendono di più in affari militari ci sono due asiatici, Cina e India. Al primo posto rimangono naturalmente gli Stati Uniti, con un totale di 732 miliardi, cioè il 38% delle spese globali del settore: un aumento del 5,3%sul 2018 «largamente basato sulla percezione di un ritorno alla competizione tra i grandi poteri», commenta Pieter Wezeman, ricercatore di Sipri. La Cina ha invece ufficialmente investito 261 miliardi, una crescita del 5,1%, e l’India 71,1 miliardi (più 6,8%). Se si aggiungono le spese di Giappone (47,6 miliardi), Corea del Sud (43,9) e dei Paesi del Sudest asiatico (40,5) si arriva a un totale di almeno 465 miliardi solo in Asia. La quale, data anche la presenza americana, è chiaramente il continente al centro di ogni interesse. Si vedrà tra qualche tempo se la pandemia è una sospensione o un acceleratore di queste tendenze.