Gates, Lei aveva predetto questa pandemia con una precisione sconcertante. La sua fondazione insieme all’Oms e a un gruppo di Stati ha lanciato un appello ad agire. Che aspettative ha?
«Avevo previsto la pandemia in una conferenza nel 2015 e avevo anche descritto nei minimi dettagli sul New England Review of Medicine le misure che avremmo dovuto adottare per farci trovare preparati. L’idea era di essere pronti ad aumentare la nostra capacità di produrre test, a coinvolgere l’industria e renderla in grado di mettere a punto con la maggiore rapidità possibile una terapia e poi dei vaccini. Alla fine, però, si è fatto molto poco. Quasi tutto il lavoro di ricerca sui vaccini si fa nel settore privato; dato che la Fondazione Bill e Melinda Gates ha un ruolo neutrale e la possibilità di interpellare tutti gli esperti di questo campo, chiediamo che le aziende mettano a disposizione la loro capacità produttiva».
Leggendo il post pubblicato qualche giorno fa sul suo blog sul Covid 19 sembra che punti più su un vaccino che sulle terapie. Perché?
«È assolutamente indispensabile impegnarsi sulle terapie: possono essere messe a disposizione più facilmente dei vaccini perché a differenza di questi non è necessario testarle su così larga scala. Come sappiamo, nel Regno Unito stanno lavorando ad alcune terapie che noi riteniamo promettenti. Se alcune terapie in cima all’elenco dovessero fallire, ce ne saranno sempre altre di promettenti. Tuttavia per tornare ovunque alla normalità avremo bisogno sia di terapie estremamente efficaci, sia di un vaccino. Il vaccino è molto importante, perché è senza dubbio così che torneremo alla normalità».
Nello stesso post Lei dice anche che il confinamento ha salvato "milioni di vite umane" e, con altrettanta sicurezza, aggiunge che conviveremo a lungo con il Covid 19, soprattutto se per il vaccino ci vorranno mesi o addirittura anni...
«È vero. Non torneremo alla normalità prima di uno o due anni. Con un sistema basato su test e tracciamenti dovremmo essere in grado di individuare in fretta i focolai d’infezione e di soffocarli. Anche così, però, non torneremo a una vita normale, perché le persone avranno grande timore di essere contagiate e cambieranno radicalmente le loro abitudini. Perfino se i governi dovessero stabilire che non c’è pericolo, la gente non tornerà a riempire gli stadi fino a che non sarà provato che le terapie o un vaccino rendono residuo il rischio di morte».
Ha parlato al telefono con il presidente Macron dello sforzo globale richiesto dall’Oms. Parla anche con il presidente Trump?
«Non ho parlato con il presidente Trump, ma mi sono sentito più volte con il Dottor Fauci (il consigliere della Casa Bianca per la strategia sanitaria, ndr ), con il segretario alla Sanità Alex Azar e con il vicepresidente. Anche se gli Stati Uniti non prendono per ora parte all’impegno globale, credo che saranno comunque soggetti essenziali. Dobbiamo porre fine a questa malattia a livello globale, non solo perché abbiamo a cuore gli altri esseri umani, ma anche perché vogliamo che l’economia globale riparta e non vogliamo che le importazioni rischino di provocare un drammatico rialzo dell’epidemia».
Ha criticato il congelamento dei fondi degli Usa all’Oms; comprende tuttavia il risentimento americano considerata l’apparente compiacenza dell’Oms nei riguardi della Cina?
«Non posso considerare pertinente la riduzione del contributo americano all’Oms in piena pandemia. Verrà il tempo di valutare le nostre risposte, è certo. E di sicuro constateremo che l’Oms avrebbe potuto gestire alcune situazioni in modo diverso. Non è corretta però l’idea che abbia distorto la realtà a beneficio di un Paese».
Pechino dovrebbe essere ritenuta responsabile di aver occultato la verità sull’epidemia?
«È molto difficile essere il Paese in cui scoppia un’epidemia. A partire da un certo momento in poi, la Cina ha usato metodi durissimi per fermare il virus e adesso non è più fonte di contagio. Arriverà il tempo dei bilanci, certo, ma puntare ora il dito contro i colpevoli non è un approccio costruttivo. La nostra economia è ferma, il mondo soffre: la priorità dovrebbe essere la collaborazione».
Nonostante la sua filantropia, Lei scatena odio. I teorici del complotto l’accusano addirittura di avere creato il virus per vendere "i suoi vaccini". Perché tanta acredine?
«Questo virus ha provocato devastazioni immense, a scala inverosimile. Perfino io, che avevo previsto una pandemia del genere, sono sbigottito dall’enormità dei danni. Che ad alcuni sia venuto in mente che io abbia potuto fare una cosa simile è davvero un’idiozia. La nostra fondazione serve a fare donazioni, a salvare vite: non facciamo soldi con questi progetti».
Le app di tracciamento create per combattere il Covid preoccupano perché potrebbero implicare la rinuncia alla privacy. L’inferno può essere lastricato di buone intenzioni tecnologiche?
«Non ho nulla a che fare con le tecnologie per il tracciamento, anzi, ho perfino detto che i Paesi occidentali non accetteranno di affidare ai loro governi le proprie coordinate Gps. Nel mio post ho citato il modello tedesco (che consiste nel fare una visita personale a ogni persona contagiata, per sapere con chi sia entrata in contatto) come metodo da seguire. Ci sono anche metodi volontari, in base ai quali le tecnologie servono a rinfrescare la memoria alle persone. Non credo però che i Paesi occidentali adotteranno il metodo sudcoreano. Spetta ai governi decidere. Ma gli indizi suggeriscono che non lo faranno. D’altra parte il controllo dei dati via Gps non è il colpo di bacchetta magica».
Sono in molti a pensare che questa crisi abbia messo in luce le trappole della globalizzazione e i rischi di un’eccessiva dipendenza dalla Cina per prodotti strategici come i medicinali. È d’accordo sul fatto che la globalizzzione andrebbe mitigata? Dovremmo deglobalizzare e far rientrare in patria alcune produzioni?
«Mi sembra strano che ognuno cerchi di sfruttare questa epidemia per mettere in risalto le proprie idee, perfino quando l’epidemia non c’entra nulla. Per quanto riguarda i principi attivi dei medicinali, non c’è stata alcuna interruzione di mercato durante la pandemia! Anzi, la Cina è di fatto il fornitore più affidabile di questi principi attivi, se paragonata ai Paesi occidentali che non hanno reagito alla crisi con altrettanta prontezza. No, non credo sia plausibile servirsi di questa crisi per promuovere punti di vista xenofobi. È come credere che qualsiasi remoto paesino possa mettersi a fabbricare auto! Ci vogliono i fatti. Quali prodotti sono scomparsi, a livello globale, per colpa della crisi? Alla Fondazione Gates ci concentriamo sulla pandemia e sul modo di collaborare, non sulle diatribe politiche».
Quale sogno immagina di realizzare, ancora, nella sua vita?
«Per il momento tutta la mia attenzione è rivolta a combattere il Covid 19. Il virus interferisce in un numero talmente grande di attività e causa così tanti danni economici e disturbi mentali che fatichiamo a immaginarne la portata. È un dramma enorme e tutto ciò che potremo fare per dare una mano, lo faremo».
©Le Figaro/Lena
Traduzione di Monica Rita Bedana