Corriere della Sera, 29 aprile 2020
La quarantena di Renzo Arbore
Renzo Arbore è in isolamento stretto nella sua casa romana dal 28 febbraio, dopo un concerto ad Assisi. Con lui c’è Maritess, la collaboratrice domestica. In queste settimane non si è mai annoiato, impegnato com’era e come è a creare contenuti per il suo canale web RenzoArboreChannel.tv, dedicato soprattutto ai non più giovanissimi. Ma adesso non vede l’ora di fare una jam session «dal vivo».
Come sta?
«Bene, e mi sento un po’ colpevole, a vedere tutti gli ammalati di una certa età».
Come si è organizzato con la spesa?
«Va sempre Maritess, ogni dieci giorni. Ma il segreto è che io sono un collezionista anche di cibi, ho la passione per quelli in scatola, che compro quando vado all’estero. E ho quattro frigoriferi con congelatore».
Cosa contengono?
«Granchi, sogliole, salciccia, cose così... La mia generazione è quella che ha conosciuto la guerra. I miei genitori non buttavano via niente, me lo sono portato dietro...».
Cucina in casa?
«Sono specializzato in cucina da single e da supermercato. Le so dire qual è il miglior tonno, i piselli in scatola, i ceci, il ragù...».
Come ha trascorso queste settimane?
«Da collezionista di modernariato e dvd ho messo parecchio ordine tra le mie cianfrusaglie».
A che ora si sveglia?
«Il silenzio della strada mi fa svegliare tardi, alle 9-9.30. Ma sono un grande navigatore notturno del web».
Nel suo canale web suggerisce contenuti diversissimi: da Bruce Springsteen ai Rolling Stones, da Totò e Peppino a Eduardo.
«La mia ambizione ora, dopo essere stato il primo deejay con Boncompagni, è di fare il veejay. Nel mio channel suggerisco i Fondamentals: Aldo Fabrizi e il vagone letto di Totò. E i Reccomended by. Solo cose scelte da me».
Sta riuscendo a leggere?
«Sì, da poco ho letto Carofiglio e La misura del tempo, ora sto rileggendo il mio amico De Crescenzo. Frequentandolo tutti i giorni, ero piu distratto da lui che dai suoi libri. Lui mi diceva: “Guarda che ti interrogo, dimmi cosa c’è a pagina 52”. E io li avevo letti, i libri, ma a volte frettolosamente, mentre adesso me li sto gustando. Lui è stato un grandissimo divulgatore, uno dei cantori di Napoli, la Napoli del sorriso, della cultura. Poi aveva fatto la filosofia, ma era troppo popolare per essere quotato tra i grandi intellettuali chic».
Sta facendo ginnastica?
«Sì, da solo. Mi ha lasciato gli esercizi il mio fisioterapista: salgo e scendo le scale, cose così ogni mattina».
Il 4 maggio farà tornare il suo fisioterapista?
«No, voglio essere prudente. E nemmeno uscirò, il 4».
La sua fascia di età è quella più colpita dal coronavirus. Questo l’ha fatta riflettere?
«Mi turba moltissimo la morte. Come diceva Enzo Biagi, siamo nell’età in cui andiamo a vedere i necrologi per trovare i nostri amici. Mi turba soprattutto che chi se ne è andato non ha avuto il conforto di una persona vicina, anche se medici e infermieri si sono presi questo carico».
Cosa manca di più?
«I concerti. È dal ‘91 che giro il mondo con L’Orchestra italiana, e a causa del coronavirus sono saltate sette date. Ma non è per me che sono preoccupato: con me si muovono tecnici, musicisti, persone rimaste senza protezione e di cui nessuno sta parlando».
Molti hanno paragonato questa epidemia a una guerra. È d’accordo?
«Da bambino ho visto e sentito l’odore della guerra e ho sofferto anche il coprifuoco. C’era la fame, c’era il nemico, noi bambini non avevamo niente, non c’era la tv, non c’erano i telefonini, ma una noia infernale. Quindi no, oggi non è la guerra. È certamente duro, ma i bombardamenti erano un’altra cosa».
Se potesse, cosa chiederebbe a Conte?
«Sinceramente? Di tutelare chi lavora nel mondo dell’arte e della musica. E poi, ma ora scherzo, di firmare un bel decreto che superata l’emergenza obblighi le persone a uscire: ci vorrà l’autocertificazione per restare in casa!».