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 2020  aprile 28 Martedì calendario

Il caso dello stipendio di Patrizia Grieco

Nel 2015, primo anno pieno da presidente dell’Enel, Patrizia Grieco fu retribuita con 145 mila euro. Non tanto per una manager nata nella mitica Italtel di Marisa Belisario e rimastaci poi 26 anni, perché i manager italiani schifano solo il posto fisso degli operai. L’anno scorso lo stipendio della Grieco è stato di 666 mila euro. In quattro anni la signora ha visto crescere il suo stipendio del 360 per cento, e sarebbe bello che chi ne porta la responsabilità, cioè i ministri dell’Economia pro tempore, ci dicessero se era giusto il primo o l’ultimo.
Nello stesso periodo un normale lavoratore italiano, baciandosi i gomiti per non essere rimasto disoccupato, se li bacia anche se ha visto il suo reddito crescere del 3,6 per cento. Intanto l’amministratore delegato dell’Enel Francesco Starace è passato da 1,5 milioni del 2015 ai 5 milioni e 486 mila del 2019 (più 270 per cento), esattamente pari a 15 mila euro al giorno. Tutte le sere Starace torna a casa con in tasca 15 mila euro in più. Mentre la dottoressa Grieco si è adattata a percepire ogni giorno solo 1.800 euro lordi, quanto prende un insegnante, però in un mese.
Direte voi, questi saranno bravi. Sicuramente. Però nel 2015 l’Enel ha realizzato profitti per 2,19 miliardi, nel 2019 per 2,17. Insomma, non un grande progresso, ma sono tanti soldi. Perché dunque non dare a Starace non 5 ma 50 milioni? Chissà qual è il parametro. Quello che sicuramente ha poco senso è l’aumento, l’idea che i due manager siano vertiginosamente migliorati. Chi sono gli azionisti che hanno deciso l’impennata stipendiale dei due valorosi manager? L’azionista di controllo che scelse Starace e Grieco nel 2014 fu Pier Carlo Padoan (su ordine di Matteo Renzi), e sua è la responsabilità politica di quelle retribuzioni.
Ma qui casca l’asino. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha combinato il pasticcio che sputtana tutti quanti. Nell’immondo suk in cui, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, ha spartito le poltrone manageriali pubbliche, ha fatto fuori la Grieco. Nelle regole del suk (ufficialmente chiamato “istituzioni”) quella poltrona spettava all’amico di un amico di Fraccaro. Così la manager è stata dirottata al Monte dei Paschi di Siena, altra società quotata in Borsa e controllata dal Tesoro, la cui presidenza spetta al Pd perché l’amministratore delegato è un amico dei pentastellati (ma non è lottizzazione, è solo un amico…). Siccome a una così brava un posto va trovato Gualtieri ha fatto fuori Stefania Bariatti, nominata da Padoan e meno brava, o con meno amici.
E qui il dramma si esprime in euro. A Siena gli stipendi sono stati limitati da Bruxelles quando fu approvato l’aiuto di Stato con cui Padoan – dopo aver tenuto bordone per mesi ai ghe pensi mi di Renzi – ha salvato la banca coi miliardi dello Stato. Sì, c’è voluta l’odiata Europa per vietare a Padoan di regalare ai manager i soldi dei contribuenti-azionisti. Così a Bariatti ha dato 110 mila euro all’anno contro i 486 mila presi dal suo predecessore Alessandro Falciai per presiedere una banca nel guano fino alle orecchie. Notate bene: lo stipendio della presidenza di Mps ha fatto la stessa strada di quello dell’Enel, ma al contrario, meno 340 per cento. E adesso i 110 mila euro se li deve far bastare la dottoressa Grieco.
La domanda per Gualtieri sorge spontanea: se Grieco accetta di presiedere la banca nella scomodissima (per lei milanese) Siena per 110 mila euro all’anno, perché gliene avete dato 666 mila euro per occupare la comoda poltrona Enel? E al nuovo presidente Enel in quota 5 Stelle quanto lo pagherete?
In questi tempi calamitosi, in cui si parla di sussidi di 600 euro a professionisti perché portino a casa un pezzo di pane per i loro figli, il caso Grieco fa tornare d’attualità il sospetto che gli stipendi dei manager (non solo pubblici), nonostante le giungle di foglie di fico (cacciatori di teste, esperti, comitati, confronti internazionali etc.), siano decisi nella migliore delle ipotesi dai dadi, nella peggiore da chi li deve incassare.