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 2020  aprile 28 Martedì calendario

Ritratto al veleno di Guido Bertolaso

E il volenteroso dottor Bertolaso? Lasciatosi alle spalle le sofferenze d’Africa (diceva: “Io in Africa sto benissimo, non torno”) da un mese e mezzo vola da una Regione all’altra, a sovrintendere la sua personale rinascita psico-tecnica. Per farlo si è messo sulle rotte del nuovo Covid-19 e della vecchia politica che lo hanno richiamato in servizio bipartisan, il centrodestra in Lombardia, per fare un dispetto al governo, il centrosinistra nelle Marche, per fare un dispetto a se stessi. Da allora si sposta con staff di ingegneri, luci blu, planimetrie in favore di telecamere, proprio come ai bei tempi. “Sono tornato in punta di piedi” ha detto. Ma anche in punta di piedi è riuscito a inciampare.
Il padiglione in Fiera e lo sponsor di sempre: B.
Alla Fiera di Milano, dove doveva costruire un portentoso padiglione da “600 letti in sei giorni!” ha rimboccato le coperte a una dozzina di pazienti, vuote tutte le altre postazioni. E meno male che il progetto, realizzato nei 25 mila metri quadrati del Padiglione, si sia sgonfiato strada facendo. I 600 letti dei primi punti esclamativi sono diventai 400, poi 200, ora si sono fermati a 157. Un gran bene per la salute pubblica, un po’ meno per le tasche generose dei privati che hanno finanziato l’opera con 21 milioni di euro, i primi 10 offerti dal suo antico sponsor, Silvio Berlusconi, che per una decina d’anni lo ha usato come suo personale dispositivo di potere. Ma niente paura, “i letti serviranno per il ritorno della pandemia in autunno” dicono i beneauguranti funzionari della Regione Lombardia, Attilio Fontana in testa, che prevedono con certezza le prossime ondate, dopo essersi lasciati sorprendere e travolgere dalla prima. “In ogni caso – dice Bertolaso – serviranno a dare ossigeno alle strutture esistenti”. Domandona: non sarebbe bastato evitare di smantellarne così tante in questi ultimi vent’anni? Ma è inutile farla, la risposta è standard: “Facile ragionare col senno di poi”.
Anche nelle Marche, Bertolaso è arrivato come un capo di Stato, a bordo addirittura di un elicottero dei carabinieri. Atterrato sul molo del porto di Ancona, lo aspettavano il presidente della Regione Luca Ceriscioli, una manciata di assessori e i fotografi. Era il 23 marzo. Sembrava l’inizio di un grande film con il vento e le fanfare. Peccato che a forza di strette di mano e abbracci si siano tutti contagiati tra loro, compreso il super medico Bertolaso, che avrebbe almeno dovuto sospettarlo. Risultato: due settimane al San Raffaele di Milano per le cure (“ho sofferto l’angoscia dell’ossigeno che manca”) un mese di ritardo per il cantiere. Che nel frattempo ha cambiato sede. Non più Ancona, ma Civitanova Marche, 12 milioni la spesa prevista, tutti raccolti da donazioni private. Questa volta due moduli da 42 letti ciascuno, disposti su un’area di 5 mila metri quadrati, metà per la terapia intensiva, l’altra per la sub intensiva. “Un’astronave tecnologicamente avanzata” l’ha definita Bertolaso, tornato la scorsa settimana, stavolta con mascherina e guanti, per una breve apparizione che non prevedeva l’interferenza delle domande.
L’astronave e altre scenografie
L’astronave, ha annunciato, sarà la prima di una serie. “Ci dovranno essere ospedali Covid-19 in tutte le Regioni d’Italia per combattere e vincere questa tremenda guerra”. Non importa se anche nelle Marche la linea dell’emergenza sia in declino. Né che tra il 2010 e i 2018 siano stati chiusi 13 ospedali nella regione, tagliati due letti ogni dieci, cioè 1400 posti in meno. Con interi piani di ospedali vuoti, proprio a Civitanova. Né che i reparti di terapia intensiva siano appena cresciuti da 108 a 167 letti. Il governatore Ceriscioli e la giunta non sentono ragioni: “Sarà una garanzia per tutti”. Davvero?
La verità è che l’emergenza, contabilizzata in moneta politica, chiede piani spettacolari. E Bertolaso è specializzato proprio in fuochi d’artificio dai tempi della sua Protezione civile trasformata in una task force con spesa illimitata – una decina di miliardi in nove anni – appalti e assunzioni a chiamata diretta, 800 uomini aviotrasportati e pronti a tutto. Non solo a gestire i terremoti, le inondazioni, le frane, i rifiuti a Napoli. Ma anche i Mondiali di nuoto, il Congresso europeo delle famiglie numerose, le regate Louis Vuitton, le rotonde per i Mondiali di ciclismo, i pellegrinaggi a Loreto, la riesumazione delle sacre spoglie di Padre Pio. Cioè tutti spettacoli pirotecnici con preparatissima copertura mediatica, proprio il contrario delle emergenze.
Fino all’apoteosi del G8 alla Maddalena, anno 2009. Quando vennero bruciati quasi 400 milioni di euro per allestire sull’isola il palcoscenico del summit, costruire alberghi, centri congressi, ristrutturare il porto, bonificare malamente qualche fondale. Per poi abbandonare l’isola in meno di un giorno, lasciando alla salsedine di tramontana il compito di demolire tutto in dieci anni di incuria. Compreso il processo seguito allo scandalo – erano i tempi di Balducci, di Anemone del patetico relax al Salaria Sport Village – finito l’anno scorso in prescrizione, bye bye al G8 e ai suoi danni, che vennero prestamente riallestiti a L’Aquila, sempre da Bertolaso con la sovrintendenza di Berlusconi e Gianni Letta, proprio sulle macerie del terremoto, scenografia buona per trasformare la tragedia delle lacrime in una cerimonia. E la cerimonia in propaganda.
Sta accadendo di nuovo sulla coda velenosa del Covid, e sulle macerie che si lascia dietro. Non a caso, da una decina di giorni, corrono voci di una prossima candidatura di Bertolaso a governatore delle Marche, non si capisce se per la sinistra o per la destra. Lui smentisce, anzi si offende “sono qui nell’esclusivo interesse del Paese, non ho fini personali”. Ma aveva smentito anche la sua candidatura a sindaco di Roma, anno 2016, per poi accettarla e un mese dopo ritirarla, abbandonato prima da Giorgia Meloni, poi da Salvini, infine da Berlusconi. Il tutto spazzato via dall’onda anomala di Virginia Raggi.
La onlus battuta anche dagli alpini
Ma il passato è passato. Le sue astronavi ospedaliere “sono un pezzo di futuro. Verranno a studiarle da tutto il mondo”. Chissà se per replicarle o per tenersene alla larga. Visto che sono totalmente separate dagli ospedali, distanti dagli altri reparti necessari a integrare le cure, quando scatta l’emergenza. E che per farle funzionare avranno bisogno di un infermiere ogni tre letti e un medico ogni due, moltiplicati su tre turni, come vuole lo standard sanitario: infermieri e medici che al momento non ci sono.
Ma Bertolaso non si ferma ai dettagli. Per quelli ci sono i tecnici della sua Onlus operativa, il Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, che raccoglie i soldi e sovrintende i lavori a Milano, a Civitanova e chissà dove altro ancora. Prevedevano di battere i cinesi sul tempo, ma li hanno battuti anche gli alpini a Bergamo. Prevedevano di riempirle in un attimo, ma sono ancora vuote. Cattedrali fuori tempo massimo, per la fortuna di tutti noi. E pazienza per il dottor Bertolaso, arrivato in controtempo.