Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2020
La Banca centrale svizzera è in rosso
La notizia della maxi perdita nel primo trimestre di quest’anno ha fatto riaccendere i riflettori sulla Banca nazionale svizzera (Bns), che per alcuni aspetti occupa un posto particolare tra le banche centrali. La Bns è controllata dai Cantoni elvetici, ma è quotata alla Borsa di Zurigo. È un cauto istituto di emissione, ma è ormai anche uno dei maggiori investitori istituzionali a livello mondiale. A trainarla in questa posizione è stato anche l’ingente ammontare delle sue riserve, ampliate non poco attraverso gli acquisti di valute estere, effettuati per frenare un franco che quando diventa troppo forte crea ostacoli all’export svizzero.
La perdita trimestrale è di 38,2 miliardi di franchi (pari a circa 36,4 miliardi di euro), un record negativo dal varo della Bns, nel 1907. La cifra di per sé colpisce, in effetti, ma molti analisti elvetici sottolineano il fatto che non bisogna farsi troppo impressionare: la Bns ha grandi riserve ed ha avuto più volte maxi perdite ma ci ha abituato anche a maxi guadagni. Nell’intero esercizio 2019, per dire, la Bns ha registrato un utile di 48,9 miliardi di franchi (46,6 miliardi di euro). Quanto alle riserve, stiamo parlando di circa 800 miliardi di franchi, a fronte di un prodotto interno lordo svizzero di circa 700 miliardi di franchi a fine 2019. Dal canto suo, la Bns ha sempre sottolineato con calma che quando ci sono utili è meglio per tutti (vengono in parte distribuiti a Cantoni, Confederazione, azionisti privati e in parte messi a riserva) ma che il suo mandato è difendere la stabilità dei prezzi e della valuta, non fare utili.
Il rosso della Banca nel primo trimestre è causato soprattutto da due elementi, che dipendono entrambi dalla pandemia di coronavirus: il primo è la caduta delle Borse di tutto il mondo, che ha fatto scendere il valore dei titoli detenuti da Bns; il secondo riguarda il rafforzamento del franco, che ha fatto diminuire il valore delle monete estere detenute nelle riserve. La perdita sulle posizioni in valute estere è di 41,2 miliardi di franchi. All’interno di questa cifra, 31,9 miliardi di rosso vengono da minusvalenze su titoli e strumenti di capitale, dunque dal contesto borsistico.
La Banca nazionale svizzera ha infatti rilevanti investimenti anche in titoli azionari, incluse blue chip statunitensi; qualche tempo fa aveva fatto clamore il fatto che l’istituto possedesse in quel momento titoli di Facebook più del fondatore stesso, Mark Zuckerberg. Le plusvalenze sull’oro (2,8 miliardi) e i proventi per interessi e dividendi (pure 2,8 miliardi) hanno solo in parte mitigato la perdita dei primi tre mesi dell’anno.
Interessante è vedere la ripartizione delle riserve della Bns alla fine del primo trimestre. Per tipo di investimenti esteri, il 69% è in obbligazioni pubbliche, il 20% in azioni, l’11% in altre obbligazioni; per gli investimenti in franchi, il 39% è in obbligazioni pubbliche e il 61% in altre obbligazioni. Per quel che riguarda il tipo di valuta estera: l’euro copre il 40%, i dollari Usa arrivano al 36%, lo yen è all’8%, la sterlina britannica al 6%, il dollaro canadese al 3%, altre valute al 7 per cento.
La Bns cerca di frenare le quotazioni del franco attraverso l’utilizzo di due strumenti: i tassi di interesse negativi e l’acquisto di valute estere appunto. Ogni volta che crescono le incertezze economiche o geopolitiche, il franco accentua la sua caratteristica di bene rifugio per una parte degli investitori. È successo anche negli ultimi mesi. Secondo gli analisti del Credit Suisse, la Bns avrebbe acquistato valute estere per 27 miliardi di franchi in marzo. Nel gennaio del 2015, quando era stata costretta ad abbandonare la soglia di cambio di 1,20 franchi per 1 euro, la Bns era intervenuta con somme mensili ancora maggiori. L’euro è ora a 1,05 franchi, era a 1,08 all’inizio di quest’anno e a 1,13 un anno fa.
Il franco resta molto forte. Ma senza i tassi negativi e gli interventi della Bns lo sarebbe ancora di più. È destinato a continuare il braccio di ferro tra la Bns che vuole un franco un po’ meno forte e gli investitori stranieri e svizzeri che vogliono comunque il franco come bene rifugio e lo richiedono nonostante i tassi negativi.