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 2020  aprile 28 Martedì calendario

Ai tedeschi il record degli aiuti anti-crisi

L’ultimo via libera è arrivato ieri mattina: la Commissione europea ha approvato il piano del governo tedesco per assicurare un prestito da 550 milioni di euro alla compagnia aerea Condor garantito con fondi pubblici. E con questo, secondo Bruxelles, il totale degli aiuti di Stato che hanno ottenuto il via libera Ue durante la pandemia ha raggiunto quota 1.800 miliardi. Una ammontare a cui si arriva sommando sussidi, prestiti e garanzie statali. Più della metà degli interventi (il 55%) riguarda la Germania. 
La cifra globale, spiega la Commissione, è una «stima prudente». Anche perché «per alcune misure non è necessario indicare un budget», ricorda un portavoce dell’esecutivo Ue. Per questo potrebbe essere più alta. Il balletto delle cifre è più ampio laddove si tratta di garanzie statali, che non prevedono un eguale accantonamento di bilancio. Ma molto dipende anche dalla trasparenza dei governi al momento della notifica dei provvedimenti. 
Per l’Italia, per esempio, stando ai documenti ufficiali, gli esperti della Commissione stimano una quota di aiuti di poco superiore ai 200 miliardi di euro, nonostante il governo abbia annunciato misure di garanzia per oltre 400 miliardi.
Le differenze tra i Paesi danno comunque l’idea di quanto ampi siano gli spazi di manovra fiscale di cui alcuni godono rispetto ad altri. Una disparità che certamente non consente a tutti di correre allo stesso ritmo. Se il 55% degli aiuti di Stato approvati è stato notificato dalla Germania,«la Francia – spiega un portavoce della Commissione – ha notificato misure che rappresentano circa il 20% dell’ammontare totale, l’Italia il 10%, il governo britannico il 5% (il Regno Unito, nonostante la Brexit, deve ancora sottostare alle regole Ue almeno fino alla fine dell’anno, ndr) e quello belga il 3%».
«Se lo schema temporaneo lo consente, la Commissione non può certo impedire a uno Stato che ha ampi margini fiscali di intervenire» spiega Guntram Wolff, direttore dell’influente think-tank bruxellese "Bruegel". Il dato italiano balza all’occhio perché di gran lunga inferiore a quello delle altre due principali economie europee, nonostante l’Italia sia il Paese più colpito. Secondo l’economista tedesco «la risposta italiana è stata debole, anche se le decisioni più recenti vanno nella buona direzione». Si potrebbe fare di più, sostiene, perché nonostante l’alto debito, il governo di Roma «può prendere in prestito soldi sui mercati a un tasso ragionevole, visto che la Bce continua a fare il suo lavoro». 
Ma servono anche strumenti europei e secondo Wolff la via del Recovery Fund può essere quella giusta, ma la risposta rischia di essere tardiva e inadeguata. «Giusto dare all’Ue il compito di reperire fondi sui mercati e controllare come vengono spesi – prosegue il tedesco –, però il volume del fondo appare troppo piccolo. E poi sarà in vigore soltanto dal prossimo anno, mentre la necessità è or». L’Italia, inoltre, dovrebbe fare un’adeguata selezione per sostenere «soltanto le aziende più produttive. Bisogna scegliere quelle che meritano veramente di essere supportate, perché non si può continuare a nutrire i vecchi dinosauri improduttivi».